Spendiamo per i giovani i soldi che arrivano dall'Europa
Lo abbiamo già detto e i numeri lo dimostrano: le nuove generazioni sono quelle che pagano più cara la crisi. Per questo i fondi in arrivo devono essere investiti soprattutto su di loro
Ora tutti se ne stanno rendendo conto:saranno i giovani a pagare il conto, come diceva il titolo del mio articolo del 17 maggio. Ma questa consapevolezza crescente non si sta trasformando in decisioni da parte delle autorità politiche, o anche soltanto in una condivisione del problema da parte dell’opinione pubblica. Continuiamo, infatti, ad assistere ai tentativi di questo o quel gruppo di operatori economici di essere nominato “il più colpito del reame”, parafrasando la ricerca ossessiva della regina della favola di Biancaneve di essere dichiarata la più bella, per ricevere adeguati aiuti finanziari.
Continuiamo a vedere “assalti alla diligenza” ogni volta che il Governo decide di immettere fondi per sostenere l’economia, così da poter poi rivendicare alle prossime elezioni i risultati ottenuti. Continuiamo a vedere snocciolati “libri dei sogni” per spendere le risorse europee, come se non venissero create facendo debiti che un giorno dovremo ripagare. Continuiamo a vedere esercizi di “benaltrismo” ogni volta che qualcuno, andando oltre le chiacchiere da talk show, fa una proposta dettagliata.
E non si tratta semplicemente di capire il prima possibile di come funzionerà la scuola o l’università, problema certamente urgentissimo e rilevante. Ma di cambiare radicalmente l’orientamento della cultura e delle politiche che hanno dominato gli ultimi - mi verrebbe da dire tre - decenni, in modo da dare alle giovani generazioni una prospettiva generalizzata e duratura (e quindi non casuale o limitata a chi viene da famiglie “agiate”) di evoluzione e di espressione individuale e collettiva, non semplicemente economica. Cioè, di impegnarsi a riequilibrare a loro favore l’insieme di opportunità, benefici, investimenti, protezioni, incentivi di cui l’Italia è (o potrebbe tornare ad essere grazie ai fondi europei) ricca, passando un messaggio opposto a quello che una parte della classe dirigente ha per anni detto e praticato per i propri figli, cioè che «l’unica cosa da fare è quella di andarsene all’estero per studiare e lavorare, tanto in Italia non c’è futuro».
Dobbiamo ringraziare la Commissione europea per aver scelto “Next generation Eu” come titolo del fondo per la ripresa, proprio allo scopo di sottolineare la prospettiva da assumere nel disegnare i piani che quel fondo dovrebbe finanziare. E forse non è un caso che in Italia tutti continuino a chiamarlo “Recovery fund”, quasi per ribadire il rifiuto del cambiamento di approccio che quelle parole impongono. E dobbiamo ringraziarla anche perché tra le linee di azione che i Paesi dovrebbero mettere in campo rientra anche la “Garanzia bambini”, cioè interventi a favore dei bambini e delle bambine in condizioni di disagio lungo cinque direttrici: nutrizione adeguata, educazione gratuita, accesso gratuito alle cure sanitarie, condizioni abitative adeguate e servizi gratuiti per l’infanzia. Peraltro, la “Garanzia bambini” si dovrebbe affiancare alla “Garanzia giovani”, l’iniziativa europea decisa nel 2013 e volta a ridurre il numero di giovani che non studiano e non lavorano (i cosiddetti Neet, oltre due milioni in Italia).
Nell’articolo di Gloria Riva si descrive l’iniziativa assunta da nove organizzazioni e reti della società civile per avviare, nel nostro Paese, una nuova fase nel rapporto tra le generazioni, fatta di azioni concrete a favore dei più piccoli e dei giovani. Nel documento che abbiamo consegnato al Presidente del Consiglio abbiamo scritto che «Le bambine, i bambini e gli adolescenti sono al centro di una doppia crisi, economica ed educativa. Una crisi che mette in luce e acuisce insopportabili diseguaglianze nelle opportunità di crescita, di apprendimento e di sviluppo. L’educazione non può continuare ad essere un tema residuale nell’agenda della politica. È l’asse portante del cambiamento culturale, economico e civile oggi indispensabile per risollevare il Paese dall’emergenza».
La parola “garantire”, dice la Treccani, vuol dire «vincolare un proprio bene a garanzia dell’adempimento di un’obbligazione propria o altrui». Se le parole contano, mettere la “Garanzia bambini” e la “Garanzia giovani” al centro delle politiche vuol dire assumere tutti insieme, come Paese e come singoli, l’impegno morale a fare tutto ciò che serve pur di garantire che le giovani generazioni abbiano un futuro e non debbano pagare loro, pur essendo innocenti, le scelte sbagliate degli adulti, sia quelle del passato che quelle del presente. Platone ricordava che «il capolavoro dell’ingiustizia è di sembrare giusto senza esserlo». È ora di praticare la giustizia nei confronti dei più piccoli, non di parlarne continuando a fare solo gli interessi di noi adulti.