Dalle sfilate milanesi emerge una donna piena di classe. Una nuova eleganza che porta una ventata d'ottimismo

Double Dip? Recessione a forma di W (dal profilo dei grafici "a doppia caduta" che raffigurano l'andamento del Prodotto interno lordo)? A Milano spira un'aria diversa.

Vista dalle passerelle della capitale morale, la crisi non è insuperabile, i tempi non sono irrimediabilmente cupi. Una luce, in fondo al tunnel, si vede. Il pessimismo della ragione, qui, è corretto da dosi massicce di ottimismo della volontà. Certo, si tratta di lavorare sodo, perché ce ne vuole, oggi, per convincere la gente a mettere le mani al portafoglio. Ma lo hanno fatto tutti. La moda appena mostrata a buyer e stampa internazionale, quella della primavera-estate del 2012, è piena di idee, di colori e di ottimismo. Di qualità e d'inventiva. Così quando il "WWD", il quotidiano ritenuto la "Bibbia della moda", interroga a consuntivo di queste sfilate milanesi i responsabili acquisti dei più importanti department stores del mondo, la risposta è un coro di apprezzamenti per gli stilisti italiani. Paradossi del Bel Paese. In quel pianeta capovolto che è l'Italia di oggi, col suo triste teatrino di fine Impero, è il mondo cosiddetto più frivolo a essere in realtà il più serio. In un'Italia impresentabile, gli unici che riescono a far bella figura davanti agli stranieri sono gli stilisti. I politici ci imbarazzano e ci espongono a infinito ridicolo, infinite rampogne, infiniti sbertucciamenti; poi parla la moda, e tutti smettono di darsi di gomito, anzi, prendono appunti. E ci vuole l'ostinazione di una Frida Giannini, e di un marchio come Gucci che apre il suo bellissimo museo a Firenze in piazza della Signoria, ci vuole una spettacolare cena nel Salone de' Cinquecento a Palazzo Vecchio - da cui si sbircia nello studiolo di Cosimo I - per ricordare agli stranieri che questo, prima di tutto, è stato il Paese dei Medici. Ci vuole la sfilata dei cento anni di Trussardi a Milano al Castello Sforzesco per ricordargli che sì, abbiamo un presente deplorevole, ma un passato straordinario. Una ricchezza unica al mondo. Nella moda lo chiamano "héritage", versione glamour di tradizione, eredità. Ma è la stessa cosa.

Una nuova età dell'oro. Anche in senso letterale, perché queste sono state passerelle scintillanti, di oro, di cristalli, di gemme, di madreperla. In cui hanno dato prove affascinanti di sé tanto i vecchi leoni della moda italiana, come Giorgio Armani e Roberto Cavalli, quanto i giovani come Aquilano e Rimondi, Gabriele Colangelo, Alessia Giacobino, Marco De Vincenzo. Brand come Prada, Jil Sander, Bottega Veneta, Gucci, Marni, Etro, Dolce & Gabbana, Alberta Ferretti, hanno fatto sfilare collezioni ricche di idee seducenti. Si sono visti soprattutto abiti, a Milano. In primis quelli chiaramente ispirati agli anni Venti, alla fisicità allora rivoluzionaria delle "flapper", ovvero le giovani donne ribelli che, come Louise Brooks, portavano i capelli corti, lisci o a boccoli, abiti corti al ginocchio che lasciavano anche le braccia nude oppure gonne lunghe con spacchi da capogiro, in sfida alla società degli anni ruggenti e dell'età del jazz. Accanto a questi, altri abiti che invece omaggiano gli anni Cinquanta, fatti per corpi a clessidra, gli stessi delle nostre Lollo e Loren, della giovane Silvana Mangano, delle ragazze come Marisa Allasio. Ma anche la nettezza del bianco e nero, e accanto a questi mille colori (sorbetto, speziati, nelle tonalità più belle del verde e del blu), e stampe su stampe, e un profluvio di gonne sia a matita che a ruota che plissé, portate con brassiere di implacabile efficacia erotica.

Belli i richiami delle collezioni della prossima estate all'Art Deco, alle silhouette dritte e lineari con la vita bassa e a quelle che invece all'opposto segnano la vita e la enfatizzano. La femminilità di Grace Kelly convive con "les bonnes" raffinate di Antonio Marras e con le sirene maliarde di Versace, creando in ogni caso desiderio.

È il ritorno della signora. Dello stile ladylike. Di una compostezza percorsa da sensualità nemmeno troppo sotterranea. L'eleganza torna a pieno diritto sulle passerelle di Milano - con i suoi dettagli preziosi, i pizzi, gli accessori, un certo studiato iper décor, i mille dettagli - e sarà presto nei desideri femminili. Ma accanto a questa creatura squisitamente vestita - certo difficile da immaginare nel traffico - si è vista sfilare, per esempio da Pucci, o da Missoni, anche una donna più ribelle, neo bohémiennne, che in parte si ispira al genere hippy chic di Brigitte Bardot sulle spiagge tra Saint Tropez e Cap Ferrat, in parte al romanticismo zingaro di mille Carmen, eterna ossessione dello stile, sempre ibridata con spunti diversi e sempre nuova. Che si veste di frange e di ruches, si copre di pizzi a effetto lingerie, accosta stampe e colori, mischia e sovrappone con sicurezza, in un gioco da festa nelle notti d'estate. Il mondo guarda ai suoi conti spaventato, ma a Milano il clima è fiducioso e ostenta ottimismo. Per una volta volta, forse, i primi timidissimi segnali di ripresa arriveranno con la falcata lunga delle top model.