Vacche da latte senza corna per non farle soffrire, maiali che ingrassano più in fretta per evitarne la castrazione, bovini che sopportano meglio il caldo. Negli Usa ci stanno provando. Sidando un tabù
Sarà una mucca senza corna a siglare l’inedita alleanza tra animalisti e mondo della ricerca? Per ora il bovino pascola in un recinto poco lontano da Minneapolis, ignaro del fatto che si conta su di lui per risolvere un problema serio. Le razze da latte, come le Holstein, hanno infatti le corna, che di solito vengono asportate dopo la nascita per evitare che gli animali si feriscano tra loro o possano far male a chi li accudisce. Un lavoro per gli allevatori e una pratica contestata dai
sostenitori del benessere animale, che denunciano le sofferenze dei vitelli. Ora un genetista americano,
Scott Fahrenkrug, docente all’università del Minnesota, ha pensato di risolvere il problema inserendo nel Dna dei bovini da latte alcuni geni di una razza naturalmente priva di corna come la Red Angus, non utilizzata per produrre latte.
A rigor di termini, quelli creati da Fahrenkrug non sono organismi geneticamente modificati: si tratta invece di “
editing genomico”, un taglia-e-cuci che ripropone (accelerandoli) i processi di selezione naturale, inserendo nel genoma dell’animale la caratteristica desiderata. «Con l’espressione “editing genomico” si definisce un insieme di tecniche utilizzate per gli animali solo in tempi molto recenti. Non si tratta di modificare il genoma di un organismo ma di sceglierne alcune caratteristiche, con grande precisione e in modo molto più rapido rispetto alla selezione tradizionale», spiega
Alessandra Stella, ricercatrice Cnr e responsabile scientifico del Parco Tecnologico Padano. «È un settore innovativo che offre prospettive molto interessanti».
Proprio
il sogno di migliorare il destino dei bovini da latte - 9 milioni di animali solo negli Stati Uniti - ha spinto Fahrenkrug a lasciare la cattedra per creare
Recombinetics, una startup che applica le nuove tecniche di editing genomico alla selezione di animali. Un progetto che sta diventando realtà, grazie ai ricercatori che nel 2012 hanno identificato la porzione di genoma responsabile della crescita delle corna nei bovini, fornendo al team di Fahrenkrug - una ventina di ricercatori - gli strumenti per lavorare.
Per Recombinetics però le mucche senza corna sono solo il primo passo. Si sta lavorando per creare bovini che sopportano meglio il caldo, pensati per affrontare le variazioni climatiche, o maiali resistenti a varie malattie. E poi c’è un progetto ambizioso per evitare la castrazione dei maiali, un’altra operazione cruenta ma inevitabile per ottenere carne di qualità: anziché evirarli, se ne modifica il genoma in modo da ottenere animali che non arrivano alla maturazione sessuale e ingrassano velocemente. In questo caso, si tratta di disattivare un gene che controlla lo sviluppo sessuale. E visto che questi maiali non sono in grado di riprodursi, si possono creare - attraverso un’altra mutazione - animali sterili in cui impiantare le cellule spermatiche comunque presenti nei suini non sessualmente sviluppati, per produrre lo sperma che poi sarà messo sul mercato. Una procedura complessa, giustificata dal fatto che il mercato dei suini vale nei soli Stati Uniti 23 miliardi di dollari.«Quello dell’editing genetico è un settore molto interessante anche per l’Italia», osserva Stella, «perché ci permetterebbe di sfruttare la nostra biodiversità. Abbiamo razze antiche, da cui si potrebbero prendere tratti molto utili, per esempio resistenza a condizioni geoclimatiche estreme o a parassiti».
Resta da vedere come reagiranno i legislatori e l’opinione pubblica. Finora gli Stati Uniti non hanno messo in commercio animali da carne con modificazioni genetiche. «Ma le nostre bestie non hanno niente di diverso da quelle selezionate dagli altri allevatori: abbiamo solo velocizzato il processo», sostiene Fahrenkrug. «Non usiamo genoma di altre specie, ma variazioni già presenti nelle razze bovine o suine». Almeno in teoria, gli animali di Recombinetics potrebbero perfino essere utilizzati dagli allevamenti biologici, per limitare l’uso di antibiotici e ormoni.
Basterà per convincere gli animalisti che stavolta i genetisti lavorano al loro fianco? Per ora Fahrenkrug, per evitare contestazioni, non rivela dove stanno crescendo i suoi vitelli, che tra poco saranno pronti per la riproduzione. E gli allevatori saranno disposti a pagare bene per avere mucche da latte senza corna.