C'è un villaggio in Francia che è rinato grazie ai libri usati
Cuisery era in crisi. Poi ha deciso di puntare sui testi usati e ora è la capitale dei libri da collezione. Perché toccare e odorare ?le pagine è il "nuovo" futuro
Povero Foucault passato di moda, “La volonté de savoir” l’han già scontato tre volte e sta ancora lì. “Les Temps modernes” di Sartre e Beauvoir, un euro a numero nella Braderie, i saldi di fine stagione, su ebay non li trovi a meno di 10. E pure il Valéry dei “Varieté”. C’è Toni Negri nello scaffale filosofia ma si sa, in Francia hanno un debole per i cattivi maestri. Le signore di un gruppo folkloristico provenzale s’appassionano ai “Romans libertins du XVIIIe siècle”, altro che sfumature. A caccia di chicche, una patita di Colette scova e si porta via per 80 euro il capitolo inedito di “Claudine s’en va” stampato in 60 copie per gli amici, papier velin, autografato dalla scrittrice. «Vous savez, monsieur, i libri sono una passione maniacale!».
Ah, come ha ragione Mathieu Guillot, il primo dei 14 bouquinistes del Village du livre dislocati sull’asse centrale della cittadina di Cuisery, quella Grande Rue che è larga poco più di un carro ma in cinquecento metri racconta cinquecent’anni di storia: il ponte levatoio che non c’è più distrutto dalla soldataglia della Fronda, il porticciolo sulla Seille giusto in fondo alla via dove ieri caricavano le merci verso la Saône e il Rodano e oggi attraccano i piccoli natanti dei turisti, e la chiesa, sì, anche Cuisery con le sue 1600 anime ha la sua Notre-Dame dalla punta a piramide bislunga, i suoi preti sgozzati dai protestanti nelle guerre di religione, i suoi interni saccheggiati sotto Robespierre. Perché questa è Borgogna, Francia profonda, Francia contadina. Il Centre Eden museo naturalistico, Tournus dietro l’angolo, a meno di un’ora l’abazia di Cluny che fu la più prestigiosa istituzione monastica da prima del 1000, una fitta rete di canali navigabili, vin & volailles, “cerchiamo animali selvatici, lasciateli qui”, il grande allevamento di polli come unica altra risorsa del villaggio, e quegli alberghi con bistrot un po’ fané dove t’aspetti d’incrociare Maigret in vacanza con la signora Maigret.
Eppure. «Senza il Village du livre, Cuisery sarebbe una città morta», scuote la testa Paul Perrault. È lui, oggi 81enne, che vent’anni fa ha avuto l’idea. Non è un libraio, non lo è mai stato. Notaio, invece. E, ai tempi, consigliere cantonale al dipartimento Saône-et-Loire: «I piccoli negozi chiudevano, i giovani se ne andavano, il borgo prendeva un aspetto sempre più délabré. Immaginai dapprima un Villaggio dei mestieri d’arte, sa, vetro, ceramica, creta, bijoux, ma ce n’erano già altri non lontani, e poi chi viene a comprare vasi e collanine d’inverno? Libri, piuttosto, pensai col sindaco di allora. Aprimmo il 2 luglio del 1999, con otto bouquinistes di quelli che se ne andavano in giro per i mercati con cinque o sei cartoni di libri e una bottiglia di vino: fu subito un successo inaspettato, duemila persone arrivarono dalla regione e anche da Parigi...»
Ogni anno qualcuno lascia e qualcun altro apre, chi abita nel retrobottega e chi vive nelle città vicine: ma da allora il Village è cresciuto, s’è strutturato in associazione, viene finanziato per la promozione con 8 mila euro ciascuno da Comune e Dipartimento, ha lanciato un concorso di novelle e pubblica le più belle. Piova o nevichi, foss’anche il 1° gennaio, non ha mai mancato un solo “marché du livre” la prima domenica di ogni mese, quando arrivano venditori e appassionati da mezza Francia, dalla Svizzera a un tiro di schioppo, dal Belgio e, vivaddio, anche dall’Italia. Ognuno a modo suo, vecchi e nuovi bouquinistes hanno affrontato lo scompaginamento del mercato indotto dalla rivoluzione del web, dal cambiamento delle modalità d’acquisto, dalla mutazione dei gusti e delle attitudini di lettura.
«Sì, alcuni tra noi lavorano su internet, uno ci passa otto ore al giorno, io no, a me piace avere la mia boutique di libri in campagna, à l’ancienne: una sfida, e posso dire di averla vinta», rivendica Vita Guillot, attuale presidente dell’associazione, lituana in Francia da vent’anni e a Cuisery da 11 con suo marito Mathieu. Lavora per nic chie, perché i patiti dei libri vintage li puoi catalogare come nella borgesiana tassonomia impropria, o più prosaicamente (ci si perdonerà l’accostamento, ma appunto di piccoli feticismi si tratta) come nei sottogeneri del porno, rosse, bionde, grandi tette, tacchi alti, milf et cetera. «Le persone cercano i dettagli, i particolari, quello che non trovi nelle grandi storie compresse in un tomo». La Grande guerra? La plaquette del regolamento dell’Armée nel 1914 piuttosto che le memorie del generale tal dei tali. I treni? Ecco il manuale 1909 per l’uso dei segnali elettrici à cloches sulla Paris-Lyon-Méditerranée. Lo stesso per la cucina o i vini o la pasticceria dei castelli d’Ottocento: «I testi che escono oggi sono dei riassunti, epurati dalle piccole astuzie magari inadatte ai ritmi della contemporaneità e complicate da realizzare ma che fanno il valore di un’antica ricetta. Da noi le trovi». Ha persino un fornito settore di libri scolastici di tutto il secolo scorso, pare che la nostalgia sia un potente motore di acquisto. In cerca del proprio passato, come il corpulento ex-parà che compra tutto sull’Indocina e l’Algeria francesi, lui che nelle ex-colonie ci ha combattuto.
Un mondo marginale e in via di estinzione, a dispetto dei proclami “tout va bien”? La Rete, dopotutto, non è solo canale di vendita alternativo, è anche concorrenza diretta alla carta con il libro digitale, l’e-book. Invece no. Al portale Vita che sostiene esserci «un ritorno dal digitale verso l’oggetto libro, Amazon ha aperto a Los Angeles la sua prima libreria fisica e va benissimo», fanno eco Richard e Florine Jaillet, qui da 18 anni dopo aver lasciato lui un posto da redattore di stampa locale e lei da funzionario dello stato alla biblioteca universitaria di Lille. “Le livre à venir”, si chiama il loro bouquin. Perché, illusione o preveggenza, per loro è ancora di carta il libro futuro. Anche venduto in Rete, come metà del loro giro d’affari, dov’è mai il problema: «Ma è proprio la generazione cresciuta su internet, un po’ blasé, disincantata, che crede d’aver visto tutto, a scoprire qua non solo la tattilità della pagina e l’odore della stampa ma più ancora il piacere di perdersi in ciò che non sospettavi esistesse, autori sconosciuti, memorie perdute. Qui si viene per trovare ciò che non cerchi».
Fatta la tara a quanto c’è di bucolico e di romanticismo d’antan, le trasformazioni ci sono eccome, e tocca far due conti. Dice Jean-Paul Bourdon, ex-presidente dell’associazione, che rispetto a prima della crisi del 2008 lui vende oggi più libri per turisti, magari Balzac e i classici da leggere in vacanza, che a collezionisti e amatori. Ma sostiene Jacques Bouvard, 62 anni, perseguitato dall’omonimia flaubertiana, ai tempi cow-boy negli spettacoli alla Buffalo Bill anche in Italia, poi commerciale in azienda, al Village di Cuisery fin dall’inizio, che «se oggi il turista acquista più libri usa e getta che bei tomi, domani sarà l’esatto contrario: il “livre de poche” sparirà soppiantato dal tablet, venderemo meglio e a maggior prezzo i volumi curati e ben stampati su bella carta.
Come già accade nella musica, col ritorno del vinile a scapito del cd, soppiantato dal download». Lui, comunque, il 60 per cento del fatturato lo fa con i testi di speleologia e preistoria, su web e ai congressi specializzati. Piaccia o no, l’umanità è fatta a spicchi, a ciascuno il suo. E anche il cronista, alla fine della fiera, trova qui ciò che non era venuto a cercare: un catalogo dettagliato e ragionato di tipi psicologici, un’umanità segmentata per predilezioni, atteggiamenti e convinzioni: sia detto per gli acquirenti come per i venditori. In ciascun comparto registri le specifiche oscillazioni del gusto. «Il Sessantotto? Non lo compra più nessuno!» Detto da Roger Chambard e Brigitte Gueugnon, ex-proletari e sindacalisti, “Les chats noirs” perché di gatti neri ne hanno cinque o sei, libreria libertaria, ecologista, movimenti sociali e “scrittori del popolo” quali Henri Poulaille e Michel Ragon, tutto l’esistente sulla letteratura proletaria, l’antifascismo, la Resistenza nel mondo, le glorie della “France ouvrière”. Non ci si campa, c’è un motivo se il Sessantotto non si vende più, ma è impegno politico e intellettuale, il loro, “engagement” vecchia maniera.
Cosa va di quegli anni, decennio più decennio meno? Ma i noirs! Les policiers! “Jeunes filles en armes” o “Touchez-pas, c’est à moi!”, con quelle fantastiche copertine pin-up e poi spudoratamente anni Sessanta che giusto nel vintage, le facessero ora finirebbero sotto la ghigliottina. Anche malandati costano dai 10 euro in su come s’addice ai beni in via di estinzione: da Pascal Faivre, 60 anni, qui dal primo giorno e rimasto come allora, “un fantasista” dicono con un sorriso i suoi colleghi, lunga chioma scompigliata, non uno che passa il tempo davanti allo specchio. Niente carta di credito (non è il solo), ma neppure il telefono, figuriamoci internet. Lui è rimasto lo stesso, «ma la clientela è cambiata. Una volta era più facile, oggi i quarantenni comprano a casaccio, soprattutto non c’è ricambio tra le generazioni, tra i vecchi e i giovani».
Oltre ai polizieschi d’antan, è la storia l’altra sua specializzazione che riesce a far cassetta: Napoleone e l’Impero coprono un intero scaffale, impazzano le due guerre mondiali, non potevano mancare la brochure di un’Indocina d’epoca coloniale nelle tinte pastello di un’immaginaria felicità o “La via delle Indie salvata dalla Francia”, serie “Marinai in battaglia”.
T’accorgi poco alla volta d’essere come finito in una bolla fuori del tempo, qualcosa tipo Truman show. Saranno reali quelle sculture appese come quarti di bue in quel che era il frigorifero del macellaio dove ora c’è l’atelier “La boucherie” libri d’arte di Brigitte Derbigny? Tutte quelle Bibbie stampate in sette o otto lingue da Jean Pelichet che in grembiule da lavoro di pelle fa dimostrazioni di stampa a torchio nel suo Espace Gutemberg? Quei fumetti d’ogni età del Jean-Louis Cartiller di “Charadias”, le annate di Tintin nell’atelier di legatoria appena riaperto da Anne-Gaëlle Chanlon-Guinet, i vinili e cd che Manuel Vacher sta risistemando, lui che stava qui quindici anni fa poi ha venduto e se n’è andato e ora eccolo di nuovo? Le stesse persone rientrano, le stesse cose ritornano, il passato va in loop col presente.