La Royal Opera House di Mascate è ispirata al teatro italiano del Cinquecento. E a dirigerla è il cagliaritano Umberto Fanni. Deciso a rinsaldare il ponte tra culture. “Il mondo arabo ha un raffinato patrimonio musicale”

Quando l’Opera si unisce all’architettura islamica neo-contemporanea viene fuori un capolavoro. Ed è a Mascate, capitale del Sultanato dell’Oman, che si è compiuto il prodigio. Il bianco brillante all’esterno, esaltato dalla luce decisa del Paese del Golfo che si affaccia sull’Oceano Indiano, e la preziosità dei materiali all’interno, compongono questo tempio dell’Opera, ispirato al teatro italiano del sedicesimo secolo. Con una mescolanza di materiali e linguaggi di diversi stili ed epoche.

 

«La combinazione delle sue due principali componenti, il marmo italiano e il legno dell’Oman e della Malesia», afferma Umberto Fanni, direttore generale della Royal Opera House di Mascate (ROHM), «non è solo l’unione di due materiali: insieme creano un nuovo concetto». È quello di innovazione e tradizione, l’eleganza dell’architettura islamica e la traccia della tradizione culturale europea, forgiate dalla più avanzata tecnologia, che ne permette anche tra le migliori acustiche al mondo. Un vero e proprio auditorium che racchiude un organo, un grande involucro acustico di cinquecento tonnellate, un sistema unico di sottotitoli su schermo video, un palco che si stringe e allarga a seconda delle esigenze di scena e di regia.

Se all’inaugurazione del 2011 con la Turandot di Giacomo Puccini prodotta da Franco Zeffirelli e diretta da Placido Domingo, Umberto Fanni era presente con l’orchestra, il coro e il corpo di ballo dell’Arena di Verona, di cui allora era direttore, solo tre anni dopo il cagliaritano d’origine, viene chiamato a Mascate per un lungo colloquio. Sarà in quelle tre ore che intuisce le potenzialità di un teatro del genere, in quest’area del mondo, e sarà lì che verrà subito selezionato: direttore artistico e dopo soli otto mesi anche direttore generale. Con la sua esperienza a livello internazionale, nei grandi teatri italiani ed europei, «ho capito che c’era tanto e bel lavoro da fare», dall’opera alla sinfonica, dal balletto ai grandi show, alla raffinata musica araba. Fanni vive a Mascate da quel 2014 e se ha fatto dell’Oman la sua seconda casa, le sale e gli ambienti della Royal Opera House costituiscono le stanze dove si muove. Non da solo, naturalmente.

 

«Ho al mio fianco una squadra di 274 impiegati a tempo pieno, l’83 per cento del quale omaniti, il resto formato da personale da tutto il mondo» dice fiero, seduto in una delle larghe sale riunioni con i tavoli disposti ad anfiteatro, dove passa molto del tempo con il suo team. «L’età media in Oman è di 28 anni e questo si rispecchia nella componente dello staff della nostra Opera House. Molti di loro sono nuovi a questo tipo di impegno: è una grande soddisfazione veder crescere i loro talenti, sono molto in ascolto». L’atteggiamento giusto per chi poi “opera nella musica”.

 

Una delle chiavi del lavoro di Fanni all’Opera più grande del Golfo è creare dei ponti tra diverse tradizioni culturali: «Il mondo arabo ha un raffinato patrimonio musicale, in termini anche di testi poetici, strumenti, canto. Siamo qui per valorizzare questo tipo di incontro con il linguaggio della musica. Le lingue possono essere confuse, la musica no: ci dà l’opportunità di imparare l’uno dall’altro e di parlare una lingua comune».

 

La Royal Opera House di Mascate è stata fortemente voluta dal suo Sultano riformatore, Qabus bin Said, al potere dal 1950 fino alla sua morte, nel gennaio 2020. Considerato il padre della nazione moderna dell’Oman, anche il direttore Fanni ne riconosce il suo ruolo nell’Opera che ne rimane: «Il Sultano Qabus amava tremendamente la musica. Amava Mozart. Suonava l’organo. Aveva in mente esattamente cosa costruire. Non pensato però come un luogo di élite, al contrario un teatro per aprire a tutti gli omaniti». I biglietti delle stagioni all’Opera infatti variano dai 10 ai 160 euro e sono accessibili dunque a più fasce della popolazione: oltre ad omaniti (molte scuole) ed arabi, nel pubblico non mancano mai appassionati da tutto il mondo e turisti che, nella tappa della capitale, inseriscono una una sera all’Opera. Del resto la ROHM può ospitare fino a 1200 persone. Il budget del teatro è quello di un teatro europeo medio-alto, dice Fanni.

 

Il programma e il lavoro con la squadra manifestano anche la «cultural diplomacy» del paese del Golfo, classificato come uno dei più pacifici al mondo e neutrale in tutti i conflitti regionali e internazionali, con un ruolo diplomatico di mediazione. «L’Oman non prende una posizione: cerca un punto di connessione. La sua diplomazia culturale viene riflessa nella musica». E alla popolazione omanita viene anche data questo assaggio di diverse culture del mondo tramite il loro grande teatro e la Royal Simphonic Orchestra formatasi al suo interno.

 

Accanto all’imponente Opera, da quattro anni si è affiancata un museo e centro d’arte per produzioni musicali, teatrali e operistiche, dove si può studiare tutto il funzionamento dell’opera, quasi a calarsi dentro i personaggi e le voci che interpretano, e dove ci si immerge coi propri sensi anche nella comprensione degli strumenti musicali omaniti, arabi, europei, mondiali. All’interno di questa sorprendente esposizione musicale-museale, c’è anche una biblioteca della musica interattiva che nutre una comunità di studiosi e di curiosi in crescita.

 

A settembre la stagione in corso si è aperta con la Traviata, mentre nel 2021 il decimo anniversario della Opera House, superata la faticosissima chiusura della pandemia, si era festeggiato col Rigoletto. Umberto Fanni gode di quell’equilibrio acustico incredibile e segue cosa avviene in scena. Dal pubblico una standing ovation. Con il viaggio nella musica europea, vive un’altra notte d’Oriente.