Oli, smalti, ceramiche. Oltre 200 opere. Incursioni rupestri, simboli egizi. E la biblioteca del grande artista. La mostra al MAXXI

Non una retrospettiva, dice il museo, ma il “ritratto” di Enzo Cucchi va in scena al MAXXI: oltre 200 opere a celebrare un artista poliedrico e visionario che, attraversando tecniche e linguaggi col piglio dell’alchimista, riesce nella doppia magia di proporre un sortilegio che tanto più è uguale a se stesso, quanto più diverso ci appare. Sì perché con questi oli su tela, smalti su reti d’acciaio, carbone su carta, ceramiche, bronzi, ferri e chi più ne ha più ne metta, Cucchi sembra ossessivo nel dirci che il segreto sta nel fissare la leggenda libera e non la storia con i suoi canoni ufficializzati. E allora anche le incisioni rupestri o i simboli egizi o l’iconografia cristiana sono contemporanei, perché in grado di creare un dialogo con la quotidianità e di ritrovare, forse, addirittura un sentimento. Infatti non sembra un caso che la mostra cominci con una libreria dove si trova una selezione di testi presenti nella biblioteca personale di Cucchi: da “Chi tocca muore”, la storia breve e delirante dell’anarchico John Belushi, a “Storia del Folklore in Europa”, l’ormai classico di Giuseppe Cocchiara in cui costumi e credenze prendono per mano scienza e filosofia; da “Vite Parallele” di Plutarco, che presenta un confronto tra vizi e virtù in coppie di biografie dei grandi dell’Antica Grecia e dell’Antica Roma, alle “Notti difficili” di Buzzati, che raccoglie cinquantuno racconti. E poi ancora volumi sulla monumentalità d’Egitto e l’arte etiope, sulla pittura sovietica e le ville venete, Correggio, Picabia, Modigliani, Munch, Dalì e molto altro.

 

La sensazione è molto strana, ma tutti questi volumi sembrano appunti o bozzetti che la storia ha consegnato a Cucchi, perché fosse lui attraverso la sintesi a trasformarli in simbolo, in rappresentazione capace di formalizzare Cimabue che scopre Giotto mentre disegna le sue pecore su un sasso in “La Biga di Giotto” (1990) o addirittura i misteri della religione in “Miracolo della Neve” (1986). E se un’aquila rovesciata (“Il Re Magio”, 2018) che cinge due globi di vetro ci indica che il potere si può capovolgere, un vascello in bronzo appeso all’esterno della sala e che si vede al di là di una finestra (“Religione”, 2013) ci suggerisce di cercare mete lontane. Tutto sembra reperto recuperato da un passato lontano che torna ad accendere il fuoco sacro di un dialogo moderno e onirico. Cucchi è poeta e mago – così si intitola la mostra curata da Bartolomeo Pietromarchi e Luigia Lonardelli – e infatti il percorso, che a tratti cammina sul filo teso tra ironia e leggerezza, si conclude con una grande parete con alcuni versi che somigliano a un incantesimo: «La pittura raduna il peso delle cose / Una pittura è una cosa calda / Si vede da lontano che odi la pittura / Mostra e muori».

 

LUCI 
Due gallerie dell’Ashmolean Museum di Oxford - Rome Gallery e Gallery of Life After Death in Ancient Egypt - portavano fino a pochi giorni fa il nome di alcuni “finanziatori”: la famiglia Sackler, proprietaria della società farmaceutica Purdue Pharma responsabile dell’epidemia di oppioidi negli Usa. Finalmente quel nome è stato bandito.

 

E OMBRE
Da Goethe a Joyce e Stendhal, da Canova a De Chirico fino a Pazienza, sono moltissimi gli intellettuali e artisti che hanno animato l’Antico Caffè Greco di Roma. Nonostante il vincolo del ministero è di nuovo sotto sfratto: per l’Ospedale Israelitico, proprietario delle mura, 35mila euro al mese non bastano.