Fondazione Trussardi espone in luoghi simbolici del capoluogo lombardo. E dedica un “teatro gioiello” ai commoventi video di Diego Marcon

Noi italiani siamo bravissimi a trasformare i vizi in virtù ed è proprio per questo che Milano è oggi una città importante, a livello internazionale, per l’arte contemporanea. Negli anni ’90 non esisteva un solo museo che si occupasse di questo comparto (sarebbe arrivato nel 2009 il Museo del ‘900) e questa anomalia ha lasciato campo libero a una serie di attori privati che hanno gettato le basi per un modello che il mondo avrebbe imitato alcuni anni dopo. Per primi arrivarono la Fondazione Prada (nel ’93) e la Fondazione Trussardi (’96). Una sorta di effetto collaterale positivo dell’assenza del pubblico che ha permesso nascita e sviluppo di un tessuto unico al mondo: da Furla a Pirelli Hangar Bicocca, da ICA a Rovati e molti altri.

 

Per questo oggi è particolarmente significativo celebrare i vent’anni di nomadismo della Fondazione Trussardi, che nel 2003 ha deciso di lasciare la residenza fissa di Palazzo Marino alla Scala per animare luoghi simbolici di Milano: dai tre manichini impiccati da Maurizio Cattelan in Piazza XXV maggio al gonfiabile di Jeremy Deller che riproduceva in scala 1:1 il sito archeologico di Stonehenge a CityLife, da un albero di 8 metri e 6000 kg di Urs Fischer all’Istituto dei Ciechi fino all’eterno loop di “Il cielo in una stanza” pensato da Ragnar Kjartansson per l’organo della Chiesa di San Carlo al Lazzaretto, luoghi iconici e meno noti sono stati proposti ai visitatori sotto una nuova luce.

 

Sempre per un tempo limitato, nel nome dell’ossimoro di un’invasione gentile, rumorosa ma delicata. E proprio per questo vi dovete sbrigare se volete vedere la loro ultima mostra al Gerolamo, un teatro per marionette divenuto celebre come “la piccola Scala”: l’esposizione celebra l’artista (per una volta non abbiamo paura di dirlo) più interessante della sua generazione, Diego Marcon (1985), e si chiama “Dramoletti” come i racconti brevi con cui Thomas Bernhard ha rivoluzionato il teatro. «Dio come son stanco, mi sento proprio giù. Vorrei tirar le cuoia e non pensarci più», canta un bambino vittima di un naufragio in un video che domina tutta la sala. Questo bambino poi cerca all’infinito di accendere fiammiferi, ci riesce, si brucia, ricomincia. Si chiama Ludwig, come il Re Matto di Baviera che spese tutti i suoi soldi per finanziare mirabolanti imprese per poi finire solo, esiliato e, appunto, morto affogato. È davvero commovente, come lo sono le opere esposte ai piani inferiore e superiore. La Fondazione è presieduta da Beatrice Trussardi e il direttore artistico è lo spericolato Massimiliano Gioni. Avete tempo fino al 30 giugno, poi chissà cosa combineranno dopo.

 

LUCI
Hanno raggiunto quasi 50.000 euro le donazioni raccolte da un collettivo di artisti e illustratori per le zone colpite dall’alluvione in Romagna qualche settimana fa. Il progetto si chiama “Romagna tin bòta” (Romagna tieni duro) e gli autori coinvolti sono nomi di livello. Per partecipare: romagnatinbota.it

 

E OMBRE
Tra le tante cose travolte dopo la distruzione della diga Kakhovka in Ucraina, c’è anche la casa museo dell’artista Polina Rayko. Scomparsa nel 2004, l’artista tra le più amate del Paese aveva dipinto ogni centimetro di casa sua, facendola divenire negli ultimi anni un luogo di pellegrinaggio. Ora è completamente allagata.