I dialoghi de L’Espresso

Francesca Fagnani: «La libertà non te la dà nessuno, sei tu che devi sapertela prendere»

di Beatrice Dondi   7 giugno 2023

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Sì a Sanremo, ma mai in un reality show. Il giornalismo, la televisione, la lottizzazione, la politica, i propri pregi e difetti. La giornalista si racconta senza reticenze

La prima cosa che pensi quando ti ritrovi di fronte a Francesca Fagnani, 46 anni (o 44 a seconda della pagina di Wikipedia che consulti,) giornalista senza figli, due cani e un solido mestiere sopra le spalle, è come debba sentirsi davanti al ribaltamento di campo.

Lei che ha rinforzato la sua immagine a colpi di domande, la belva che intervista le Belve nel programma creato scritto voluto e interpretato dal 2018 a oggi («In realtà io l’avrei voluto chiamare Iene ma c’era già, mannaggia, poi il titolo è venuto a Irene Ghergo e l’ho trovato perfetto»), il personaggio televisivo dall’ironia pungente, che usa gli incisi e i sorrisi, che china il capo e guarda i suoi ospiti dal basso verso l’alto per colpire e affondare, che quando si ritrova in uno studio non suo viene fatta esibire come una cantante, dai Francesca, facci un’intervista, insomma la regina più amata dai social che arrampicata su uno sgabello mette a nudo a colpi di unghiate la sua interlocutrice, ecco, per una volta si trova dall’altra parte della barricata. Ed è una bella soddisfazione.

«Però non sono un personaggio, io sono solo me stessa, anzi direi che sono quello che faccio. Negli anni ho solo perfezionato il mio metodo. Ho capito per esempio che non ci devono essere barriere tra me e l’ospite. Niente tavolo, lo devo guardare negli occhi». E già qui partiamo male, in netto svantaggio. Un tavolo che ci separa c’è, e anche due bicchieri di vino, scelti con cura, perché Fagnani controlla tutto, esplora, si incuriosisce e sperimenta. Anche il vermentino.

«Non parliamo di vita privata, però. Non mi piace, si chiama privata mica a caso. D’altronde anche volendo avrei poco da raccontare: niente vita mondana, niente feste romane. La televisione la guardo, soprattutto i programmi di informazione, ovvio, ma faccio zapping sennò mi annoio. La maratona Mentana? Eh quella per forza, ma non tutta, sei matta? E poi le serie tv, crime soprattutto. A dire il vero se potessi vorrei essere Lolita Lobosco, ma non la Ranieri, proprio il personaggio!»

Romana di nascita e di dizione, («Amo questa città ma la sua bellezza naturale l’ha impigrita e ora è stanca. Si merita davvero un Prefetto che la governi»), Fagnani lavora da quando ha deciso di rinunciare al percorso universitario, dopo una tesi sul “Comico nel Paradiso” e un dottorato di ricerca in filologia dantesca, per buttarsi nelle discese ardite dei reportage e delle inchieste.

«Sono passata da Dante a Giovanni Minoli e poi a Michele Santoro, un bel salto direi. Ho sempre amato lo studio, ma i tempi della carriera accademica non facevano per me perché l’Italia ha delle lentezze che non corrispondono letteralmente al mio ritmo biologico. Non sopporto l’idea di stare ferma, la mia vacanza ideale è la montagna». Niente lettino in spiaggia dunque. «No per carità! Amo la salita, per arrivare alla conquista della discesa. Sono sempre sull’attenti, ho l’horror vacui. E soprattutto so che le cose gratis non arrivano mai, men che meno nel lavoro».

Quindi tutto da costruire, un passo alla volta. «Però nella fortuna credo. Ero a New York l’11 settembre e mi sono precipitata a Rai Corporation per chiedere di dare una mano, qualsiasi cosa. Ho capito che poteva essere un inizio. E così è stato. Gli stage in Rai con Minoli appunto, poi Tv Talk fino alla Storia siamo noi. Ed è lì che ho cominciato a lavorare sui temi di mafia. Ancora ricordo l’adrenalina per l’intervista ad Agnese Borsellino. Ero talmente emozionata che quella notte ho dormito abbracciata al Beta».

Intraprendente lo è sempre stata Fagnani. «Per diventare giornalista ho aperto direttamente un giornale, Quartiere c’è. Ero direttore editoriale, non c’era una lira e scrivevo 18 pezzi da sola, soprattutto sulle periferie della Capitale e diciamo che da allora non ho mai smesso». E questo suo chiodo fisso lo riassume sfoderando il sorriso d’ordinanza: «Una volta un magistrato mi ha chiesto “perché lei ha un’attrazione fatale verso le periferie?” Perché ho un Io antisociale fortissimo rovinato da un’educazione borghese. E la criminalità organizzata? Semplice, mi piace perché è organizzata».

Secchiona, attenta alle virgole («Vengo dalla scuola di Santoro che aveva una ricerca maniacale della perfezione»), quando prepara le sue interviste se le cuce addosso come una stilista e passare dalle inchieste al pop non le costa fatica. «Non è straniante come potrebbe sembrare. Il cervello non lo stacchi mai. Io continuo a fare il lavoro da cronista, sempre e me lo porto dentro “Belve” perché il metodo è lo stesso. Mi interessano le storie e se sono mafiosi o soubrette poco importa. Raccontare i criminali e andare nelle periferie mi ha insegnato un approccio non giudicante. Io non giudico, ti voglio solo conoscere. Insomma, cerco un rapporto paritario con l’ospite». Che si sceglie con cura, e cuoce a fuoco lento: «Niente promozioni, film o libri in uscita, niente slogan, nessuna imposizione. E soprattutto assoluta libertà. La mia di chiedere, la tua di non rispondere. Ingerenza politiche? Adesso sempre meno perché chi viene da me sa bene che non può chiedermi di tagliare questa o quella domanda. All’inizio non era così, l’abitudine era troppo forte. Solo che io non ho mai mollato e alla fine li abitui. Abbiamo delle responsabilità. La libertà non te la da nessuno, te la dai tu. Te la devi prendere. Ed è più facile di quello che sembra».

Che bella parola, libertà. Fagnani la usa spesso, con cura e rispetto («Libera satira certo, ma anche libera indignazione». E ancora «Rivendico la libertà»). E la vive, in prima persona, scegliendo di muoversi su una scacchiera disegnata solo da lei stessa. Per questo non direbbe mai sì a un reality. «Mi danno sempre come partecipante papabile a “Ballando con le stelle” ma per carità, a me piace quello che faccio. E poi penso che se ti occupi di certi temi poi perdi di credibilità. Non potrei andare in carcere o in procura dopo aver litigato per un valzer lento. Insomma, è proprio un’altra cosa, un’altra scelta» dice. E parte la zampata: «Puoi vivere quel tipo di esperienza solo quando ti rendi conto di avere un grande futuro alle spalle».

Però in tv ci va, come ospite, ma solo sui temi che le appartengono. «Nei talk show non parlo di cose a caso, anche se ormai i giornalisti vengono invitati in base all’area di appartenenza, neanche fosse la Camera, e questo mi fa una certa impressione. La stampa dovrebbe solo fare domande, di destra o di sinistra non importa. Siamo noi i cani da guardia del potere».

E a proposito di potere, che succede con la destra al governo? «Quello che succede sempre, cambia il governo e cambiano i dirigenti. Finché la Rai sarà espressione della politica, funzionerà così. L’auspicio è che contenuti e conduttori vengano scelti nell’interesse del pubblico e non dei partiti. Vedremo. Anche perché alla fine l’esigenza di tutti è fare ascolti e garantirsi gli inserzionisti pubblicitari, oltre ovviamente a fornire contenuti giusti per il servizio pubblico. Guarda Sanremo, come al solito ci sono state le polemiche di rito ma Amadeus ha fatto dei numeri tali che non potrà certo essere contestato».

E sul palco più famoso d’Italia Fagnani c’è salita, per parlare in abito da sera dei ragazzini rinchiusi nel carcere di Nisida. «Mi sono divertita da pazzi. Ho sentito un’energia mai provata prima e sono molto contenta che mi sia successa adesso e non dieci anni fa. E sinceramente, il monologo delle donne che sono messe lì in quota non mi ha dato nessun fastidio, il vero cliché è pensare che le donne all’Ariston non siano protagoniste. Condurre Sanremo è una macchina infernale, e Amadeus è il più bravo di tutti. Poteva essere una donna? Certo, un’Amadea, quando ce ne sarà una all’altezza».

A questo punto il vino è finito, l’atmosfera e morbida e la tentazione di porle le stesse domande che lei usa come bisturi è a dir poco irresistibile. «Il mio pregio? Beh, so’ simpatica», dice e darle torto costa una certa fatica. Ma questa è facile.

Il difetto invece è più spinoso, generalmente in pochi rispondono con lealtà: «Quando chiedo un difetto vorrei una risposta sincera, invece ci cascano tutti, è sparano cose come “Sono poco puntuale” o peggio “Sono troppo sensibile”». E quindi? Dai Francesca, non ci deludere. «Il mio difetto è vero: sono prepotente, ma tanto, anche nella vita privata, ma questo non dovrei dirlo. E la cosa incredibile è che se c’è una cosa che detesto negli altri è proprio la prepotenza». A questo punto ne manca una sola, quella a cui in genere si sottrae con più facilità perché è un po’ il suo scettro del comando. Ma impossibile non provarci. «Francesca Faganani, che belva si sente?» E lei non scappa. «Il Minollo» risponde ridendo, pensando all’animale dello sketch di Massimo Troisi. E se partisse la sigla della Vanoni ci starebbe benissimo.