Due ballerini affetti da una condizione neurologica cercano a fatica il controllo del corpo. In un nuovo lavoro di Sharon Fridman ispirato alla sindrome di cui soffre sua madre

Grande ritorno del coreografo Sharon Fridman il 6 agosto a Bassano del Grappa, nell’ambito di OperaEstate Festival Veneto 2024, con “Go Figure”, la sua ultima creazione in cui danza e vita vissuta diventano arte. In questa opera traspare tutta la sensibilità dell’autore, tutto il vissuto del coreografo, portando in scena una danza forte e di impatto, ma allo stesso tempo effimera e sensibile. 

 

“Go Figure” nasce come ricerca di un mondo in cui l’alterità del corpo con diversità funzionale possa esprimere e valorizzare la sua natura. In scena, i danzatori Shmuel Dvir Cohen e Tomer Navot, entrambi con una condizione neurologica, si esibiscono in un duetto incentrato sull’accettazione e la celebrazione di un movimento che è unico e raro, e insieme diventano un solo corpo, energia pura. La tecnica utilizzata è la contact improvisation, una tecnica di danza contemporanea nata negli Usa, nel corso degli anni Settanta, come ricerca sulla comunicazione possibile attraverso il contatto. Si basa sul trasferimento di peso, fiducia reciproca, ascolto, fluidità ed equilibrio, avendo sempre come punto centrale la capacità di adattamento del corpo a sostenere ogni estremo contatto accidentale, giocando con la forza di gravità e le relazioni fra i protagonisti.

 

“Go Figure”, una coproduzione di Oriente Occidente e Mash Dance House Jerusalem, è stato sviluppato a partire dal progetto “Shape on us” di Sharon Fridman, creato per Vertigo con il titolo “Power of balance”. Sharon Fridman è cresciuto a Pardes Hanna, in Israele, e ha iniziato il suo percorso come ballerino di folclore israeliano. La sua carriera professionale di danza è iniziata con le compagnie Ido Tadmor, Kibbutzit e Vertigo. Dopo aver fondato la sua compagnia Project Sharon Fridman a Madrid, nel 2006 il coreografo ha iniziato una ricerca di improvvisazione di contact come strumento per la pratica e la creazione. La pratica Ina, il linguaggio tecnico del corpo che usa nel suo lavoro, è focalizzata sul rapporto tra gravità ed equilibrio, ed è ispirata dalla madre, nata con la sindrome di Arnold Chiari.

 

Lo spettacolo è un invito a conoscere il funzionamento e gli schemi ritmici e di movimento di altri corpi, di altri spazi, in una danza di rara bellezza: trasformati, i due danzatori sembrano esseri sovrannaturali, si perdono l’uno nell’altro, annientano nel movimento i confini e il concetto di limite. È stato il corpo di Shmuel a ispirare il lavoro del coreografo e regista israeliano: «Mi ha proposto nuove forme e nuovi modi di creare architettura da un corpo che funziona in modo diverso dal mio. In questa creazione il mio obiettivo era creare bellezza mediante logiche a me sconosciute, cercando in un altro corpo un’opportunità per un nuovo linguaggio».