Esclusivo

«Un dispositivo a rischio nel cuore di mio figlio appena nato. Da qui l'inizio dell'inferno»

di Paolo Biondani, Gloria Riva e Leo Sisti   10 maggio 2019

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La storia straziante del piccolo Erik che è stato usato come cavia per testare un nuovo prodotto cardiaco. I nuovi scandali sanitari svelati dall’inchiesta internazionale Implant Files 

Un'emergenza sanitaria mondiale, totalmente fuori controllo. L'Espresso pubblica una nuova puntata dell'inchiesta giornalistica internazionale Implant Files: dati e denunce di migliaia di pazienti, anche italiani, vittime di dispositivi medici difettosi, dai pacemaker alle protesi, impiantati nel corpo dei malati senza alcun controllo pubblico. Storie dolorose, strazianti, come quella di Erik, un bambino veneto che si è visto usare come cavia per testare un nuovo prodotto cardiaco, con risultati disastrosi.

La sua è una vita segnata da continue operazioni a cuore aperto, ma «sta affrontando con grandissima forza i dolori, gli scompensi cardiaci, le angine addominali, le febbri». Le parole di suo padre, Andrea Ferrari, esprimono ammirazione per quel figlio lottatore, da dieci mix di farmaci al giorno. Erik è nato nel 2010 con una malformazione congenita chiamata tetralogia di Fallot, che causa una miscelazione tra sangue povero e ricco di ossigeno, ostacolando la crescita e i movimenti. Un difetto cardiaco abbastanza comune, che si può curare.

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«A Bologna uno specialista ci aveva proposto un doppio intervento chirurgico, uno immediato, l’altro dopo qualche anno: un sistema collaudato», ricorda papà Andrea. «Un pediatra di Rovigo, però, ci ha parlato di un programma innovativo, applicato a Padova: un dispositivo chiamato Cormatrix. In quella cardiochirurgia pediatrica ci hanno spiegato che era una membrana in grado di riparare il cuore una volta per tutte, perché cresce insieme ai tessuti. Mio figlio aveva pochi mesi di vita. Ci siamo fidati: chi non l’avrebbe fatto? Nessuno ci ha informato dei rischi. È stato un calvario».
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Esclusivo: ecco il database dei dispositivi killer
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Il genitore veneto è uno degli oltre 700 italiani che hanno potuto cercare informazioni nella prima banca dati globale dei dispositivi medici (Imdd, International medical device database) creata dal consorzio giornalistico Icij, di cui fanno parte per l’Italia L’Espresso e Report. Nell’inerzia delle autorità, è l’inchiesta Implant files, frutto di un anno di lavoro di oltre 250 cronisti di 36 nazioni, che ha reso per la prima volta pubblici, dal novembre scorso, questi dati sulla sicurezza di migliaia di apparecchi, dai pacemaker alle protesi, impiantati nel corpo dei pazienti. In Italia si contano più di un milione di modelli di device. Molti sono preziosi strumenti salvavita: moderne tecnologie che proteggono i pazienti. Alcuni però nascondono problemi gravissimi. Evidenziati dalle cifre-choc rivelate dall’inchiesta Implant Files: solo negli Stati Uniti, dal 2008 al 2017, sono stati registrati oltre 82 mila casi di morte e più di un milione e 700 mila lesioni associate a dispositivi difettosi, deteriorati o malfunzionanti. Ora anche i pazienti e i medici italiani possono controllare personalmente, sul nostro sito  oltre 90 mila segnalazioni di allarme (in gergo, avvisi di sicurezza) provenienti da 18 nazioni, dagli Stati Uniti alla Germania.
Implant Files
Esclusivo: sono malato, mi hanno usato come cavia. Le vittime denunciano gli impianti killer
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L'inchiesta Implant Files ha spinto le autorità francesi, tra dicembre 2018 e aprile 2019, a vietare diversi modelli di protesi al seno di tipo ruvido (macro-testurizzate o al poliuretano), vendute da anni anche in Italia da sei multinazionali: impianti ora sospettati di aumentare da 9 a 16 volte il rischio di sviluppare una rara forma di cancro, il linfoma anaplastico a grandi cellule. Dopo la Francia, molte altre nazioni hanno vietato questi modelli di protesi mammarie, mentre l'Italia deve ancora decidere: il consiglio superiore di sanità dovrebbe pronunciarsi il 13 maggio. Nell'attesa, l'Espresso continua a ricevere denunce disperate. Da donne «molto preoccupate» per le protesi al seno che provocano «dolori atroci». Da pazienti che hanno dovuto rioperarsi al cuore per eliminare device cardiaci che «non risultano autorizzati negli Stati Uniti dove vengono prodotti.

Anche il signor Ferrari, il padre di Erik, ha trovato sul nostro sito, attraverso la banca dati Imdd, centinania di avvisi sul device applicato a suo figlio. Al Cormatrix, nell’ultimo decennio, vengono collegati quasi trecento eventi avversi: 7 morti, 259 lesioni, 18 guasti. Il Cormatrix, prodotto dall’omonima azienda statunitense, è una membrana ricavata da tessuti di origine suina e bovina, biocompatibili, progettata per saldarsi e crescere con le cellule del cuore. In Europa è stata certificata dalla ditta francese Medpass. Un’impresa privata pagata dal produttore. Una regola assurda, che vale per tutti i dispositivi, anche i più rischiosi: è il controllato che sceglie il controllore.
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Negli Stati Uniti risultano impiantati oltre 7 mila Cormatrix. In Italia il numero è ignoto, perché non esiste un archivio o registro degli impianti. La membrana risulta utilizzata da tempo in diversi ospedali, da Torino ad Ancona, da Padova a Bologna. Ma il nostro ministero della Salute non ha pubblicato alcun avviso di sicurezza. E neppure rilanciato i quasi trecento allarmi americani. Per anni diversi chirurghi italiani lo consideravano un dispositivo valido, «utile per ricostruire il pericardio dopo un’operazione», come spiega un professore milanese consultato da L’Espresso, che poi l’ha abbandonato «perché non garantiva l’efficacia promessa».

Ma fino al 2010 il Cormatrix veniva applicato solo su pazienti adulti, non sui bambini: il papà veneto ha scoperto solo oggi che suo figlio, quell’anno, è stato usato come cavia. (…) Per impiantare il Cormatrix nei bambini, i medici padovani proprio nel 2010 chiesero per due volte il parere del Comitato etico per la sperimentazione. Dalla documentazione ottenuta solo alcuni giorni fa «dopo una lunga attesa e svariati solleciti», come spiega l’avvocato Alessandro Boldini, che segue da tempo il caso, risulta che il Comitato aveva dato una risposta negativa: «L’impiego proposto risulta diverso dalla marcatura CE», cioè dal tipo di utilizzo certificato e autorizzato, mentre «le potenziali capacità di rigenerazione del tessuto (del cuore) sono ancora in fase iniziale di valutazione e non vi sono dati», per cui il progetto di usare il Cormatrix per i bambini «si configura come sperimentazione clinica e richiede l’approvazione di un protocollo». A quel punto Erik viene operato come «progetto di studio». E da lì, spiega il signor Ferrari, «inizia la nostra via crucis, con operazioni continue. Nel 2015 il bambino subisce un intervento a cuore aperto durato 16 ore, al Bambin Gesù di Roma, dove i chirurghi tentano di rimuovere la membrana, ma è quasi impossibile perché si è mischiata con le cellule». Erik lascia l’ospedale mesi dopo, con il suo terzo pacemaker nel cuore. «Siamo in contatto con un’altra famiglia: anche il loro bambino sta per essere rioperato nella speranza di eliminare il Cormatrix».
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In questi anni varie riviste scientifiche hanno pubblicato studi sui rischi del Cormatrix. Già nel 2014 anche un ricercatore dell’università di Padova, Filippo Naso, ha definito «allarmante che questo dispositivo sia stato autorizzato in Europa e Usa senza avvertire dell’effetto collaterale che possono avere cellule provenienti da tessuto animale».

L’ospedale di Padova ha dovuto versare un risarcimento alla famiglia di Erik. Che però non basta nemmeno a pagare le gravose spese sanitarie: «Erik va controllato ogni due mesi a Roma, qui dobbiamo tenere le macchine per monitorare il cuore... Quindi abbiamo dovuto ipotecare la casa». Il signor Ferrari deve anche difendersi da una querela: un chirurgo di Padova si è sentito diffamato dal suo racconto della storia di Erik, pubblicata in un blog. La procura ha chiesto l’archiviazione, ma il luminare si oppone. E così il 28 maggio, in tribunale, l’unico imputato sarà lui: il papà del bimbo con il cuore a pezzi.

Il consorzio Icij, a livello mondiale, ha ricevute ben 3.432 denunce di pazienti lesionati o di familiari delle vittime.

Domenica 12 L'Espresso pubblica la storia integrale di Erik e di altri malati italiani.
In attesa di vere riforme di questo mercato della salute sulla pelle dei cittadini, l’inchiesta Implant files continua.



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