Una città meticcia e turistica. Dove abitano anche molti europei. E l'Islam non ha nulla di radicale. Qui gli estremisti hanno voluto attaccare la piazza-simbolo di questa pacifica contaminazione

Se qualcuno, come pare evidente, ha interesse a destabilizzare il Marocco ha scelto il luogo più simbolico: piazza Jemaa el Fna, cuore di Marrakech, dove un tempo si ammazzava, e si mozzavano mani in ossequiosa applicazione della Sharia. E dove oggi è più marcata la commistione tra popolazione locale e turisti dell'Occidente tutto in cerca di emozioni arabeggianti, peraltro assai edulcorate dal reciproco e continuo adattamento del gusto.

Il caffè e ristorante Argana, scelto dai terroristi per l'attentato (14 morti e un numero imprecisato di feriti al momento) è anche uno dei preferiti dai vacanzieri perché la sua terrazza affaccia sulla sterminata piazza dove si esibiscono giocolieri, incantatori di serpenti, scimmie ammaestrate, tra chioschi di spremute e ristorantini all'aperto.

Che si volesse colpire gli stranieri è scontato: un monito a non tornare in terra d'Islam. Ma il risultato principale che i fondamentalisti vogliono raggiungere è quello di inaridire una fonte di ricchezza del Paese. Ottenuta, a loro avviso, al prezzo della mollezza di costumi che il corrotto Occidente esporta e che gli arabi assimilano.

Marrakech è il biglietto da visita del Marocco turistico. Resort a cinque stelle e riad confortevoli. Porta verso il deserto e, sull'altro versante, verso le alture dell'Atlante. A poca distanza dalla piazza colpita, c'è anche una sinagoga: dove fino a pochi giorni fa non si vedeva nemmeno una camionetta di guardia.

Insomma, questo è un lembo di terra dove difficilmente si rintraccia l'Islam delle origini (a parte il divieto fatto rispettare per i non musulmani di non entrare in moschea) e dove il meticciato culturale, oltre che etnico (molti europei l'hanno scelto per viverci), è ormai dato acquisito. L'equivalente marocchino, per intenderci, dell'egiziana Sharm el Sheikh, non a caso altra località che ha conosciuto le bombe islamiste.

Ai terroristi certo non avrà fatto piacere che un re, peraltro amato anche dai giovani, come Mohammed VI abbia promosso riforme e altre ne abbia promesse sull'impulso di una primavera araba che, se qui è arrivata con meno intensità che altrove, è proprio perché la casa regnante si è mossa in anticipo. Assicurando non solo una riforma costituzionale ma anche un cambio radicale di classe dirigente.

Transizioni soft, riforme, democrazie sono parole che non piacciono ai fondamentalisti. Il potere aveva creduto di averli sconfitti con la repressione seguita agli attentati del maggio 2003 a Casablanca. Ci sono ancora invece. Forse non molti. Ma possono fare male.