Decine di migliaia di sfollati, centinaia di case rase al suolo, infrastrutture vitali distrutte, apartheid e occupazione illegale. L'Ong denuncia "la più devastante operazione militare nell'area da oltre vent’anni"

Non solo Gaza, Amnesty International accusa Israele: “Crimini di guerra anche in Cisgiordania"

Tra il fronte militare con l'Iran sempre più rovente e la crisi umanitaria a Gaza, Amnesty International lancia l'allarme su un altro teatro di devastazione in Medio Oriente: la Cisgiordania occupata, dove si sta consumando la più massiccia operazione militare israeliana dagli anni della seconda intifada. Dal 21 gennaio al 4 giugno, l’esercito israeliano ha condotto una serie di raid e occupazioni militari nei campi profughi di Jenin, Tulkarem, Nur Shams e nelle aree limitrofe, provocando almeno 80 morti tra i palestinesi, tra cui 14 bambini, e oltre 40 mila sfollati, secondo le stime raccolte da Amnesty. Circa mille persone sono state arrestate, inclusi 700 solo nella zona di Jenin. "La distruttiva operazione militare israeliana, che si svolge nell’ombra del genocidio in atto nella Striscia di Gaza, ha avuto conseguenze catastrofiche per decine di migliaia di palestinesi ora senza casa e senza prospettive di ritorno", ha dichiarato Erika Guevara Rosas, direttrice senior dell'Ong, "si tratta di un trasferimento forzato illegale, una grave violazione della Quarta Convenzione di Ginevra e un crimine di guerra". Il 5 giugno, data in cui si commemora la Naksa – l’esodo forzato di 300 mila palestinesi durante la guerra del 1967 – ricorre quest’anno in un contesto tragicamente simile: la più grande ondata di sfollamenti in Cisgiordania da quasi sessant’anni.

L'operazione militare, tra raid e devastazioni

Secondo Amnesty, l’offensiva è iniziata nel campo di Jenin, proseguendo il 27 gennaio a Tulkarem, Tammoun e al-Far’ah, da cui le truppe israeliane si sono ritirate il 12 febbraio, restando però schierate a Jenin e Tulkarem. Il 23 febbraio, per la prima volta in oltre vent’anni, sono stati dispiegati carri armati a Jenin. Lo stesso giorno, il ministro della Difesa israeliano ha ordinato "una lunga permanenza" delle truppe nei campi e di "impedire il ritorno dei residenti". Secondo l’UNRWA, l’operazione è "di gran lunga la più lunga e distruttiva nella Cisgiordania occupata". Le forze israeliane hanno dichiarato i campi "zone militari chiuse", bloccando accessi con checkpoint, barriere di terra e filo spinato. Secondo il rapporto, i soldati hanno aperto il fuoco contro civili che tentavano di tornare a casa anche solo per recuperare effetti personali.

 

Il Crisis Evidence Lab di Amnesty ha verificato 25 video che documentano demolizioni di case e infrastrutture civili mediante esplosivi e bulldozer tra il 31 gennaio e il 1° giugno. Le immagini mostrano interi edifici, veicoli, strade e infrastrutture ridotti in macerie. Altri 32 video e foto inviate dai residenti mostrano interni devastati: finestre frantumate, mobili distrutti, armadi svuotati, resti di cibo sparsi. Nel solo campo di Jenin sono state rase al suolo centinaia di abitazioni, mentre il 1° maggio l’esercito ha emesso ordini di demolizione per 106 case nei campi di Tulkarem. "L’abbiamo costruita con le nostre mani. In quella casa siamo cresciuti, ci siamo sposati, abbiamo affrontato tutto. Ora è tutto distrutto", racconta Ibraheem Khalifa, residente a Nur Shams, la sua abitazione è stata demolita ed è stato costretto a fuggire insieme alla sua famiglia. Fatima Ali, malata e confinata a letto, è stata rinchiusa in una stanza della sua casa occupata dai soldati: "Mi hanno detto di andarmene soltanto ore dopo. Le strade erano impraticabili, ho avuto bisogno dei soccorsi per uscire".

 

Diritti negati e oppressione sistemica

Gli attacchi hanno colpito anche i diritti e compromesso l’accesso dei palestinesi in Cisgiordania all’istruzione, al lavoro e ai mezzi di sussistenza. Molti bambini hanno perso settimane di scuola e oltre 691 attività commerciali sono state danneggiate o chiuse a Tulkarem. Le reti idriche, elettriche e le comunicazioni sono state sistematicamente distrutte. "Le azioni israeliane fanno parte di una strategia più ampia di dominio e oppressione contro i palestinesi sotto un sistema spietato di apartheid", ha concluso Erika Guevara Rosas.

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