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17 luglio, 2025Durante il vertice a Bogotà, sono state annunciate azioni concrete per chiedere conto degli abusi a Gaza. L'Ue ha rifiutato di sospendere l'accordo di associazione con Tel Aviv. La relatrice Onu: "L'Europa sta sostenendo il genocidio"
"La Palestina ha già innescato una rivoluzione. E voi ne siete parte". Così la relatrice speciale Onu per i territori palestinesi occupati Francesca Albanese si è rivolta ai 30 Paesi che si sono riuniti a Bogotà per discutere delle violazioni del diritto internazionale in corso a Gaza e delle strategie da adottare per fermarle. Il vertice è stato co-organizzato da Colombia e Sudafrica, due degli Stati più attivi nel denunciare l'aggressione militare israeliana nella Striscia. Per decenni, il partito di governo sudafricano, l’African National Congress, ha paragonato le politiche di Israele a Gaza e in Cisgiordania alla propria storia di oppressione sotto il regime di apartheid.
Alla conferenza hanno partecipato le delegazioni di molti Paesi cosiddetti in via di sviluppo, ma erano presenti anche rappresentati di Spagna, Irlanda e Cina. Presenti anche i nove Stati che fanno parte del Gruppo dell'Aia, una coalizione formatasi a gennaio 2025 per unire i paesi del Sud globale ed esercitare pressioni su Israele affinché ponga fine alla guerra a Gaza e all’occupazione. Al termine del vertice, 12 Stati hanno approvato un pacchetto di sei misure concrete per ostacolare l’assalto israeliano ai territori palestinesi occupati. Tra queste, c'è il divieto di trasferimento di armi a Israele e il blocco delle navi che trasportano armamenti destinati a Tel Aviv. È prevista anche la revisione dei contratti pubblici nazionali per interrompere eventuali legami con aziende che traggono profitto dall’occupazione e l’applicazione della giurisdizione universale, per perseguire ovunque i crimini internazionali. Il piano include anche una maggiore pressione politica tramite gli organismi internazionali e sanzioni economiche contro individui e istituzioni coinvolti nel conflitto. Il Gruppo dell’Aia ha annunciato che gli altri Paesi avranno tempo fino al 20 settembre, data d’apertura dell’Assemblea Generale Onu, per aderire formalmente alle sei misure decise a Bogotá. "Siamo venuti qui per fare la storia. E l'abbiamo fatta", ha detto il presidente colombiano Gustavo Petro.
Francesca Albanese, recentemente sanzionata dagli Stati Uniti, ha ribadito che la lotta per la giustizia in Palestina riguarda l’intera comunità internazionale. "Ogni Stato deve immediatamente sospendere tutti i legami con Israele", ha dichiarato, invitando anche a "garantire che il settore privato faccia lo stesso". L’economia israeliana, come ha scritto la stessa relatrice nel suo ultimo rapporto, "è strutturata per sostenere un’occupazione che si è trasformata in genocidio".
L'accordo di Bogotà è arrivato proprio in contemporanea con il rifiuto da parte dell'Unione europea di sospendere l’Accordo di Associazione Ue-Israele, in vigore dal 2000, che regola relazioni politiche e commerciali tra le parti. "Questa è la prova definitiva che l’Europa sta consapevolmente sostenendo il genocidio del popolo palestinese da parte di Israele", ha scritto Albanese sui social. "Questo rischia di segnare la fine dei valori europei", ha continuato, in un appello diretto ai cittadini, "tagliate ogni legame con Israele, a partire dagli scambi commerciali, comprese le armi. Fate la cosa giusta. La nostra storia ce lo impone".
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