Mondo
23 luglio, 2025Rischio morte e malnutrizione anche per operatori umanitari e giornalisti. E nel frattempo la ministra dell'Innovazione israeliana pubblica un video fake in cui la Striscia risorge dalle macerie della guerra per diventare una città moderna in stile Las Vegas
A Gaza è "carestia di massa", dicono gli operatori umanitari. Intanto, la ministra israeliana dell'Innovazione, Gila Gamliel, posta un video fatto con l'Ia sui social in cui si vede la Striscia di Gaza risorgere da uno scenario post-bellico: le immagini generate mostrano una città moderna con i grattacieli che affacciano sul mare, in cui israeliani (e statunitensi) mangiano e passeggiano allegramente. La stessa operazione mediatica fatta da Trump qualche mese fa. Non c'è riguardo per la tragedia, non c'è ascolto verso le oltre cento organizzazioni umanitarie che denunciano: "Mentre l'assedio del governo israeliano affama la popolazione di Gaza, gli operatori umanitari si uniscono alle stesse file per il cibo, rischiando di essere colpiti solo per sfamare le loro famiglie". Tra i 111 firmatari della dichiarazione, ci sono anche Save The Childern, Oxfam e Medici senza Frontiere, che fanno notare come anche i loro operatori stiano soffrendo pesantemente la mancanza di cibo: "I nostri colleghi e coloro che assistiamo stanno morendo", asseriscono.
Alle organizzazioni fanno eco i cronisti dell’agenzia di stampa France Presse (Afp), che hanno lanciato un appello per i suoi reporter nel territorio palestinese: il rischio di morire di fame è concreto. Nella Striscia - fanno sapere - sempre più operatori dell'agenzia soffrono la malnutrizione e fanno fatica a portare avanti il lavoro, nonostante siano partiti per il Medio Oriente in forze e in salute: "Vediamo la loro situazione peggiorare. Sono giovani e le forze li stanno abbandonando. La maggior parte non ha più la capacità fisica di spostarsi nell’enclave per svolgere il proprio lavoro. Le loro strazianti richieste d’aiuto sono ormai quotidiane", si legge in un comunicato. "Negli ultimi giorni, abbiamo capito dai loro brevi messaggi che le loro vite non contano più molto e che il loro coraggio, dedicato per molti mesi a informare il mondo intero, non li aiuterà a sopravvivere. Rischiamo di venire a conoscenza della loro morte da un momento all’altro, ed è insopportabile".
Quello denunciato dalle Ong è un pericolo reale e, secondo Parigi, ha un solo responsabile: il governo di Benjamin Netanyahu. Il ''rischio di carestia'' nella Striscia altro non è se non ''il risultato del blocco israeliano''. A sostenerlo è il ministero degli Esteri francesi, che affida a una nota la spiegazione del suo assunto. ''La Francia condanna fermamente l'ampliamento dell'offensiva israeliana nel centro di Gaza, dove gli ordini di evacuazione hanno indotto lo sfollamento di decine di migliaia di persone a Deir el-Balah e ostacolato il lavoro di numerose agenzie delle Nazioni Unite e Ong internazionali".
L'operazione militare che si è spinta fino al cuore dell'enclave palestinese, continua la nota, ''accelera il deteriorarsi della situazione umanitaria, segnata dalla malnutrizione e il rischio di carestia. Questa situazione è il risultato del blocco imposto da Israele''. Per questo motivo, ''la Francia condanna con la più grande fermezza gli spari israeliani contro i palestinesi di Gaza che tentano di ottenere aiuto umanitario, che avrebbero ucciso oltre mille persone negli ultimi due mesi, secondo l'Onu". E non solo: La diplomazia d'Oltralpe invita (di nuovo) Israele a conformarsi alle misure della Corte internazionale di Giustizia e ai propri obblighi in termini di diritto internazionale umanitario, revocando immediatamente tutte le restrizioni imposte all'accesso dell'aiuto umanitario a Gaza, per consentirne la consegna immediata e senza ostacoli.
Le autorità israeliane, conclude la nota del Quai d'Orsay, devono ''consentire il lavoro delle agenzie Onu e cessare le pressioni sui loro agenti. Deplora la revoca del visto al direttore dell'Ufficio di coordinamento per gli affari umanitari delle Nazioni Unite nei Territori palestinesi". E accenna anche al divieto imposto dal Tel Aviv ai giornalisti, di cui la maggior parte è stata esclusa da mesi (una delle poche voci rimaste nell'enclave palestinese è proprio quella di Afp): "Invitiamo a lasciar entrare a Gaza la stampa libera e indipendente affinché possa mostrare e documentare quanto sta accadendo".
A denunciare la gravità della situazione c'è anche padre Ibrahim Faltas, vicario della Custodia francescana di Terra Santa: "Qui la situazione è terribile. A Gerusalemme la città è vuota, la gente vive nella paura. I cristiani hanno lasciato e stanno lasciando Gerusalemme, Betlemme, la Cisgiordania", afferma in un messaggio diffuso da Unicoop Firenze, che insieme alla Confederazione delle Misericordie d'Italia e alla Federazione delle Misericordie della Toscana ha chiesto che vengano fatti entrare gli aiuti umanitari destinati alla popolazione civile della Striscia di Gaza. "Viviamo un tempo drammatico. Gaza è diventata un cimitero a cielo aperto, come Betlemme è diventata una prigione a cielo aperto, perché sono bloccati tutti i permessi per spostarsi. A Gaza ormai manca l'indispensabile: cibo, acqua, cure mediche, farmaci, elettricità. A Gaza la fame è usata come arma di guerra e da quasi due anni esseri umani disarmati, innocenti, indifesi muoiono e soffrono in modo disumano".
"Qualche giorno fa, un attacco ha colpito la Chiesa della Sacra Famiglia della Striscia, provocando morti e feriti", ricorda Faltas. "Si parla di un errore: l'errore principale è continuare a infliggere violenza alla popolazione civile senza rispetto per la vita che è sacra. Ogni vita è sacra, indipendentemente dalla nazionalità, dalla fede, dall'età o dal ceto sociale".
LEGGI ANCHE
L'E COMMUNITY
Entra nella nostra community Whatsapp
L'edicola
Cementopoli - Cosa c'è nel nuovo numero de L'Espresso
Il settimanale, da venerdì 25 luglio, è disponibile in edicola e in app