Erdogan
Agli occhi dei profani, i recenti sviluppi ?in Turchia devono apparire sconcertanti. ?Il 14 dicembre la polizia ha arrestato alcuni giornalisti della rete dei media che fa capo all’imam Fethullah Gülen e un gruppo di agenti delle forze di sicurezza. Le accuse sono parse inventate e l’operazione è stata vista come un’ulteriore manifestazione del crescente autoritarismo del presidente Erdogan. Pochi all’estero hanno spiegato che la natura delle accuse, la martellante campagna di diffamazione dei media ?e i metodi usati durante gli interrogatori mostrano un’inquietante somiglianza con casi del passato. Con la differenza che in quei casi, quando venivano fermati militari ?o giornalisti, quelli che orchestravano la campagna con tanto di supporto dei media erano alcune persone oggi detenute. La protesta più significativa contro gli arresti è stata quella di Ahmet Sik, un giornalista che era stato arrestato in passato sulla base di accuse inventate e aveva trascorso un anno in carcere per aver scritto un libro critico ?sul “movimento Gülen” e la sua presenza all’interno di polizia e magistratura.

La recente ondata di arresti è stata l’ultimo episodio dell’incessante attacco sferrato da Erdogan contro i seguaci di Gülen. Questo movimento ha una vasta rete nazionale e internazionale di scuole, un piccolo impero mediatico in Turchia oltre ?a gruppi di supporto lobbistici sparsi in tutto il mondo. La maggior parte dei suoi membri conosciuti sono istruiti e competenti. L’aspetto più insidioso è la presenza del movimento nella burocrazia statale, in particolare nella polizia e nella magistratura, dove si presume che seguano il programma politico di Gülen. A questo scopo hanno probabilmente violato molti codici etici e giuridici in diversi procedimenti giudiziari fabbricando prove o nascondendole, con il sostegno acritico dei media del movimento.

Quando Erdogan oggi parla di una “struttura parallela” si riferisce proprio alle infiltrazioni del movimenro di Gülen nella burocrazia statale. Il gruppo ha iniziato a penetrare nella polizia e nella magistratura molto prima che l’Akp, il partito del presidente, salisse al potere. Il suo controllo su queste strutture è giunto quasi a compimento sotto il regime di Erdogan. Soprattutto dopo ?il 2007 il partito e il movimento hanno ?fatto causa comune per allentare la presa dei militari sulla politica ed emanciparsi ?dal cosiddetto “Stato tutelare kemalista”.

Come in tutte le lotte di potere, sconfitto il nemico principale, le forze prima alleate hanno cominciato a combattersi fra di loro per la supremazia. Nel 2012, mentre Erdogan era convalescente dopo un grave operazione, i procuratori vicini a Gülen hanno cercato di citare in giudizio Hakan Fidan, capo dei servizi segreti turchi e uno dei più fidati collaboratori del presidente. La prima risposta di Erdogan è stata quella di assicurare a Fidan l’immunità attraverso una legge speciale, rimuovere i magistrati e cominciare a chiudere le scuole preparatorie agli esami di ammissione all’università utilizzate dai seguaci di Gülen come terreno di reclutamento.

Fu in questo contesto che i turchi si svegliarono il 17 dicembre 2013 di fronte alle notizie di un’ondata di arresti in seguito a un’inchiesta su episodi di corruzione ?in cui erano indagati i figli di tre membri del governo. Il 25 dicembre fu reso pubblico un altro procedimento che coinvolgeva Bilal, figlio di Erdogan, e per estensione lo stesso leader. Nei mesi successivi furono diffuse sui social media diverse intercettazioni che incriminavano il premier e i suoi più stretti collaboratori. Sebbene quattro ministri siano stati costretti a dimettersi, Erdogan ha fatto passare le inchieste come un tentativo di colpo di Stato.

I due partner di un tempo sono ?oggi nemici mortali. Erdogan, che controlla pienamente l’apparato statale e beneficia della scarsa popolarità dei seguaci di Gülen, ha ora il sopravvento. La cosa pericolosa è che la lotta contro il movimento di Gülen viene combattuta con scarso riguardo per lo Stato di diritto e il giusto processo. Di fatto, da quando le inchieste sulla corruzione sono state rese pubbliche, le istituzioni ?dello Stato turco sono state indebolite, la magistratura si è ulteriormente politicizzata e sono state varate leggi che hanno consentito al governo di ignorare i diritti ?e le libertà fondamentali.

traduzione di Mario Baccianini