I dubbi della vigilia, il voto, i risultati. Racconto dei tre giorni elettorali.  E del perché la maggioranza dei cittadini si è riconosciuta in De Magistris

Gianni Lettieri, candidato a sindaco di Napoli. Foto di Gianni Cipriano
Sabato - esterno giorno. Mio figlio è ipnotizzato dagli slogan elettorali di Lettieri. Slogan rapidi e netti di cui assapora le trappole linguistiche “STA VOTA LETTIERI”. Quando la metro accelera li legge tutti in sequenza e sembra un comizio. Sono con Katia, emigrata a Empoli per fare l’insegnante, rientrata in città per le elezioni. «Pronostici?». «Vince De Magistris al primo turno». Lei non crede: parte l’analisi degli altri candidati: Lettieri ha già perduto una volta e durante questi cinque anni, avrà sì fatto opposizione, immagino, ma non si è vista.

L’antagonista di destra più credibile per De Magistris è stato il presidente della regione Caldoro, poi scalzato da De Luca che ha i suoi modi, diciamo. Il Movimento Cinque stelle esprime un candidato dal volto simpaticissimo con due svantaggi iniziali: per il primo non può farci nulla: si chiama Brambilla, ma sul secondo, perché non tacere? È tifoso della Juve. Resta Valeria Valente, vittima sacrificale del Pd che prima deve mettere fuori gioco Bassolino con delle torbide primarie e poi sorridere in fotografia con Verdini.

E poi basta però: ci mettiamo a parlare delle traversie degli insegnanti di graduatoria a/b/c e una bella signora sulla settantina entra nella nostra conversazione da bar. «Di che parlate? Della buona scuola? La buona scuola figlia di buona mamma. Quante ce ne ha fatte quello lì: mi ha derubato dell’opposizione, mi ha derubato della socialdemocrazia. Chissà se De Magistris lo sa che potrebbe essere lui il vero antagonista al renzismo». Poi prende le sue cose (due piantine comprate al mercato) e se ne va per altre strade. E allora esperiamo questo: che le amministrative sono politiche, e il cittadino sente e vede più di quello che riesce a dimostrare. Siccome Napoli è nobilissima, il cruccio dei suoi abitanti non è mai di quartiere: il quartiere è solo il luogo da cui parte l’analisi, la possibilità, la rabbia. Ma essi poi si proiettano sulla nazione e sull’Europa.
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De Magistris queste istanze sociali le ha sapute interpretare e accogliere: quando dice «sto con i centri sociali e non con la camorra», quando dà la cittadinanza onoraria ai figli dei migranti, rispetta il referendum sull’acqua pubblica, apre il registro per le unioni omosessuali. A Napoli, sarà che si viene da 150 anni di questione meridionale, le persone sono consapevoli che il patto di stabilità è stato un giogo a cui si è tentato di assoggettare il popolo, costringendolo a scelte degradanti: chiudiamo le mense pubbliche o i consultori, risistemiamo la viabilità o i palazzi. Gli stucchi dei palazzi infatti crollano, a Napoli, e sui marciapiedi si è costretti allo slalom tra i cantieri: è faticoso essere cittadini napoletani. Ma si ha la percezione di stare in un posto abbastanza giusto, più vicini a chi i debiti li subisce e meno a chi li infligge, più Grecia e meno Strasburgo: cerniera tra il Mediterraneo e i Balcani, pagando un sacco di pegni, ma almeno con pochissimi compromessi.


Sabato - interno sera.
Amici a cena, al dolce caccio l’assist: bigliettini elettorali di Nunzia Amura, candidata del Partito Comunista Italiano: un’operaia dell’Alenia, sindacalista, fisico rassicurante, lineamenti duri: mi sta subito simpatica. Li ho trovati per caso in Largo Ecce Homo dove ha sede un minuscolo comitato elettorale. Al vedere falce e martello sulla tovaglia un’ospite mi aggredisce: «Mi devi dare un solo motivo per non votare De Magistris al primo turno». Controbatto che di cazzate ne ha fatte, mi dà dell’ideologica, scatta il comizio homemade ma uno che mi conosce bene la fa morire lì: «Parla così solo perché è convinta che De Magistris salga al primo turno».
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Domenica - esterno giorno.
Io e mio marito andiamo alla circoscrizione per avere la scheda elettorale: abbiamo finito gli stalli e più volte tentato di farcela duplicare: - venite il giorno delle elezioni che vi facciamo la procedura d’urgenza-. Andiamo, è più una procedura di pazienza: davanti a noi ci sono 89 numeri, Napoli si manifesta tra le signore in ciabatte che chiassano, quelle siliconate pronte per il brunch, un tipo con il “Fatto quotidiano” sotto il braccio e un militante di destra che improvvisa un comizio. Ce la caviamo in un’ora e mezza e andiamo a votare. Dall’alto delle scale della scuola che ospita il seggio, io me la guardo questa città, e penso che fare il sindaco qui assomigli di più a essere il presidente di un piccolo stato, di quelli pieni di risorse eppure poveri, pieni di grazia eppure in guerra.

Ci vuole un coraggio da leoni, significa rivoltarsi la vita dentro e fuori, armarsi e andare, forse non dormire più per cinque anni, forse non dormire più per sempre, a farlo con coscienza. I napoletani, quelli che incontro io, riconoscono questo mandato e cercano questa coscienza. Ecco perché vedono con disprezzo il calare di Renzi sull’area di Bagnoli, con disgusto Verdini allearsi con la Valente, con diffidenza i proclami dei cento giorni dell’era Bassolino. La questione qui si gioca su un piano molto meno di palazzo e molto più di strada, vogliamo il pane e le rose, traduzione: che si tappino le buche a piazza Garibaldi, sì: ma pure che la classe dirigente rivendichi il Gay Pride.
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Domenica - interno notte
Alle seconde proiezioni spegniamo la tv: De Magistris va al ballottaggio con Lettieri, gli altri inabissati tutti. E mo’ che succede? Contiamo le pecore per prender sonno: l’elettorato di sinistra che non ama Renzi aveva già votato De Magistris, i Verdiniani no, vanno da Lettieri. Molti andranno nelle isole dell’arcipelago campano, che a giugno sono belle assai. I Cinque stelle con De Magistris…

Lunedì - interno giorno
Sul sito web dell’Ansa, nella sezione “dettaglio scrutini” ci sono, città per città, i risultati mostrati in grafica con linee colorate: la prima linea è celeste, la legenda spiega trattasi del centro destra, la seconda linea è rossa, la leggenda spiega: è il centrosinistra, la terza linea è gialla: movimento 5 stelle, la quarta è bianca: il “centro”, poi c’è la linea verde, per “Lega-Fratelli d’Italia”, infine c’è la linea arancione: la legenda spiega trattasi di “sinistra”. Per intenderci: a Roma l’arancione ce l’ha Fassina, a Milano Rizzo, a Torino Airaudo. Non so quali studiosi di ottica l’Ansa abbia convocato per una siffatta scelta, però davvero: andatevelo a guardare il sito dell’Ansa. È un colpo d’occhio magnifico: Napoli è la città più a sinistra d’Italia.
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9/6/2016


Lunedì - esterno giorno
Corso Vittorio Emanuele è una strada panoramica che corre sotto la collina di San Martino, quattro chilometri a picco sulla città, quattro chilometri di affissioni elettorali. Mi fermo a leggere per cogliere un segno di cosa ci accompagnerà per le prossime settimane: facce, simboli, sloganucci, fotografie, colori. Tra tutti campeggia Lettieri: sono pronta a sentire la voce di mio figlio che declama« STA VOTA LEGALITÀ, STA VOTA GIUSTIZIA», invece lui sta già guardando oltre: «Uffa però con tutti questi cartelloni non si vede più il mare…».
Napoli