Se sarà rinviata a giudizio – ma la decisione sull’eventuale processo non è ancora arrivata – Daniela Santanchè dovrà difendersi dall’accusa di “truffa aggravata” ai danni dell’Inps. Poco importa che nel frattempo l’istituto previdenziale abbia ritirato la sua costituzione di parte civile dopo l’accordo di risarcimento con Visibilia, la società che l’imprenditrice e il suo ex compagno Dimitri Kunz hanno ceduto a dicembre agli svizzeri di Wip Finance (cessione non ancora perfezionata per via di un’indagine in corso dell’autorità federale svizzera che vigila sui mercati finanziari, una sorta di Consob elvetica). Le argomentazioni dei legali di Santanchè Salvatore Pino e Nicolò Pelanda – che nell’udienza preliminare di oggi, 20 maggio, hanno citato una sentenza del 2024 della Cassazione insistendo sul tema della corretta qualificazione giuridica dell'accusa contestata – non hanno fatto cambiare idea alla gup Tiziana Gueli: il capo d’imputazione, nel caso di rinvio a giudizio, rimarrà la “truffa aggravata” e non l’“indebita percezione a danno dello Stato di erogazioni pubbliche”.
Concordia: "Mi sono occupato io della cassa integrazione"
La giudice ha anche respinto un’altra eccezione presentata dalla difesa di Paolo Giuseppe Concordia, ex collaboratore esterno del gruppo fondato dalla ministra, in cui si sosteneva che i dipendenti di Visibilia, dai quali è partito questo nuovo filone d’indagini a carico di Santanchè e che sono stati sentiti dagli inquirenti, avrebbero dovuto essere ascoltati nelle indagini come testi assistiti da avvocati, perché potenziali indagati. Concordia è stato poi ascoltato dalla gup, e con le sue dichiarazioni ha cercato di scagionare Santanchè: "Le decisioni sui pagamenti ai dipendenti, compreso il capitolo della cassa integrazione, le gestivo io. Me ne sono occupato io della Cig".
L'accusa politicamente più scivolosa
Santanchè è già finita a processo, ora in corso, con altre 16 persone per falso in bilancio di Visibilia. Ma quella che si sta discutendo al settimo piano del Palazzo di Giustizia di Milano è un’accusa che, politicamente, potrebbe essere più delicata e potrebbe aprire le porte – ma anche qui il condizionale è d’obbligo – alle dimissioni che da mesi le opposizioni chiedono alla ministra. Santanchè è accusata di “truffa aggravata” ai danni dell’Inps perché, secondo la procura di Milano, durante il Covid avrebbe indebitamente richiesto e ottenuto 126 mila euro di cassa integrazione mentre in realtà i suoi dipendenti lavoravano regolarmente, anche se in smart working.
Gli altri procedimenti in corso
L’udienza odierna arriva dopo che la ministra, nello scorso appuntamento del 25 marzo, aveva cambiato in corsa uno dei suoi legali. La gup Gueli a fine marzo avrebbe dovuto lasciare l’ufficio delle udienze preliminari per diventare giudice di dibattimento (il rischio era che tutto ricominciasse da capo con un nuovo giudice) ma per evitare di dilatare ulteriormente i tempi il presidente del Tribunale di Milano, Fabio Roia, aveva scelto di “applicare” comunque Gueli al procedimento così da poter portare a termine il proprio lavoro. Ma le grane giudiziarie di Santanché non finiscono qui, perché c’è l’indagine per bancarotta intervenuta dopo il fallimento di un’altra sua società, Ki Group Srl, messa il 9 gennaio del 2024 in amministrazione giudiziaria con conti in rosso per 8,6 milioni di euro.