Politica
28 luglio, 2025Paolo Bolognesi attacca la premier dopo lo scontro dello scorso anno, quando aveva detto che le "radici" di quella bomba "figurano a pieno titolo nella destra di governo". In questi 12 mesi sono arrivate le condanne definitive per i neofascisti Bellini e Cavallini
Bologna si prepara a celebrare il quarantacinquesimo anniversario dalla strage che, il 2 agosto del 1980, causò 85 morti e oltre 200 feriti. Che quello fu un’attentato di matrice “neofascista” e “piduista” è confermato – se ce ne fosse ancora bisogno – anche dalla sentenza definitiva in Cassazione dello scorso primo luglio, che ha condannato all’ergastolo il quinto esecutore materiale, Paolo Bellini, che ha agito accanto ai Nar Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Gilberto Cavallini, oltre che al loro complice di Terza posizione Luigi Ciavardini. Il tutto, come ribadito dalla Suprema Corte, sotto la regia di Licio Gelli e di esponenti dei servizi segreti deviati italiani. Un romanzo criminale che torna spesso nella storia dell’Italia repubblicana.
Alla vigilia di quest’importante anniversario, che quest’anno si carica ancor di più di significato, il presidente dei familiari delle vittime, Paolo Bolognesi, torna ad attaccare la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, dopo l’aspro botta e risposta dello scorso anno, quando sostenne che “le radici di quell’attentato oggi figurano a pieno titolo nella destra di governo”. La premier interpretò quelle parole come una minaccia diretta a sé stessa e alla sua incolumità. “Non rompano le scatole – ha avvisato Bolognesi durante la conferenza stampa in vista della manifestazione di sabato prossimo, 2 agosto -. Quest'anno le rispondiamo, le rispondo in modo che così abbiamo già risolto il problema. Tenete presente – ha sottolineato Bolognesi – che nel momento in cui ho detto quelle cose c'è stato chi ha detto: ‘Ah, ma non sono mica passati in giudicato’. Adesso sono passati in giudicato”.
E poi, ha aggiunto, “ci sono tante altre cose passate in giudicato che inchiodano la presidente del Consiglio che diceva che parlare di una genesi dei terroristi attraverso l'Msi metteva a rischio l'incolumità del Consiglio dei Ministri. Che poi è una forma per additare me più che dire che loro avevano dei problemi, perché loro hanno a mano i servizi e le protezioni, io non ho a mano niente. Perciò deve essere ben chiaro”.
Nell’ultimo anno non è arrivata solo la condanna definitiva all’ergastolo per Paolo Bellini – che è stato rintracciato anche grazie al lavoro dei familiari delle vittime, come spiega Paolo Biondani in quest’articolo – ma anche, la stessa pena, per l’ex Nar Gilberto Cavallini condannato per concorso nella strage lo scorso 15 gennaio. A Cavallini, come si legge nelle motivazioni della sentenza pubblicate ad aprile, viene contestato di aver “messo a disposizione un alloggio protetto per Ciavardini, Mambro e Fioravanti prima dell'esecuzione della strage”, di aver “messo a disposizione l'attrezzatura per fabbricare una patente falsa consegnata da Ciavardini a Fioravanti” e di aver fornito “l'auto necessaria per lo spostamento da Villorba di Treviso alla stazione di Bologna, e ritorno”. E viene stralciata – ancora una volta – la presunta "pista palestinese" che i Nar, più volte dichiarati innocenti per la strage alla stazione di Bologna, hanno sempre sostenuto; tesi che ha fatto breccia – e tutt’ora mai abbandonata, nonostante le sentenze definitive – anche in molti ambienti della destra italiana.
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