L'esilarante show di Tv8 con una banda di stand up comedian scatenati restituisce vita al varietà. Con mestiere. E una solida scrittura

In&Out, niente di serio: è solo buona tv

Houston abbiamo un problema, diceva qualcuno in tempi lontani: in televisione c’è qualcosa che funziona davvero e l’atmosfera è subito lunare. È arrivato “In&Out” (TV8) e, nonostante il sottotitolo reciti “Niente di serio”, in realtà il programma è serissimo, al punto che per realizzarlo «nessun comico è stato maltrattato».

 

Loro sono nove, più qualche stella volante, capaci di far ridere, interagire con il pubblico, senza giuria né conduzione artefatta per una gara dove alla fine non si vince un bel niente. Praticamente un varco tra le ordinarie ragnatele quotidiane. Stand up comedy in purezza, repertorio solido, ritmo, anche troppo, pezzi nuovi, sketch girati e ritrasmessi al pubblico in teatro, ospiti d’onore che si prestano al gioco senza un plissé mentre echeggia da lontano un “grazie” collettivo per un respiro d’intelligenza a rinfrescare la prematura afa estiva. 

 

C’è il veterinario dottor Ziegler  (Edoardo Ferrario) che riesce a far parlare i cani grazie a un evoluto microchip. Peccato che la sua barboncina risulti essere una leghista estrema che abbaia «prima gli italiani» ai passanti. C’è Michela Giraud, turista americana influencer che maneggia il denaro con quella disinvoltura sgradevole che possono adoperare solo le americane influencer. C’è Valerio Lundini che canta con I Vanzzanikki “Bango Bongo” alla presenza non richiesta di un elettricista nero, Stefano Rapone che chiede l’applauso ai partigiani che nonostante tutto si sono rivelati dei degni avversari, poi torna vestito da Batman mentre Pietro Sermonti definisce Bruce Wayne «un palazzinaro di Gotham City», gli Oasis che organizzano la loro reunion in call e parlano romano come due rapper di risulta, Alessandro Borghi che riceve “l’altro David di Donatello” ed esulta come allo stadio. E poi Francesco De Carlo che trasforma i Beatles, Saverio Raimondo, Daniele Tinti, Martina Catuzzi, Monir Ghassem, in un giusto mix tra satira e idiozia irresistibile. 

 

È come se all’improvviso fosse riapparso il varietà, quello della tradizione che una volta tanto viene compresa, masticata e accuratamente digerita per essere riproposta in versione riveduta (e scorretta) come un regalo per le generazioni pasciute a pane e stand up. Non è solo “Saturday Night Live”, non è solo “Battute” né teatro puro: ma un tentativo televisivo, studiato e soprattutto, incredibile ma vero, ben scritto.

 

Insomma uno show inserito in quella piccola scatola chiamata schermo, dove i protagonisti convivono senza calpestarsi e lavorano insieme per il bene altrui. Dimostrando una volta tanto che sì, la buona tv si può fare, basta saperla fare.

 

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DA GUARDARE

“Angela megastar”, docuserie (Real Time) dedicata a una venditrice cinese di bagatelle che è diventata virale su TikTok a suon di «bella fisica», poteva essere il grande male televisivo dell’estate. Invece, a sorpresa, racconta una comunità che permea le strade della Capitale con una gradevolezza tutta sua.

 

MA ANCHE NO

Per il telespettatore nessuna pietà, devono essersi detti nella stanza dei bottoni dell’“Isola dei Famosi”. Così, dopo aver rasato in diretta Mario Adinolfi, ospitato in studio Giuseppe Cruciani e accelerato ben due puntate a settimana, hanno diffuso la notizia di cui forse non si sentiva il bisogno: Dino Giarrusso è un latin lover.

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