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Accoglienza e paura: "ricominciamo da qui"

Dopo la giornata internazionale per le migrazioni, un esempio che mostra la differenza. Tra l'arginare le emergenze e creare integrazione. Che può passare anche da un campo da calcio. Da una squadra motivata. E da un torneo preso sul serio. Succede a Genova

La partita è di venerdì sera, ore 22, un match del "Torneo calcio Liguria": competizione a gironi, serie A, fra squadre amatoriali ma determinate di giovani «anche di buon livello», che hanno voglia di divertirsi. E vincere. «Ovviamente, anche a me piace vincere». Franco Bobba è un ex calciatore - serie C, poi degli infortuni e l'inizio di una lunga dedizione in panchina come allenatore - «e anche ai ragazzi piace vincere. Sono motivati. Mi seguono, hanno voglia di dimostrare a se stessi e agli altri quello che possono fare». Ovvero anche cose "normali". Riti che cementano il tempo libero di milioni di italiani. Come giocare a calcio.

È la storia del Ceis Genova Calcio, una squadra composta esclusivamente da richiedenti asilo, accolti nelle strutture liguri e riuniti dal Ceis - Centro di solidarietà Genova Onlus, una fondazione nata nel 1973 per contrastare l'emarginazione giovanile. «Abbiamo fatto una selezione, invitando 150 migranti. Gli undici che abbiamo scelto per il torneo di Calcio a 7 hanno veramente una preparazione atletica eccezionale. Qualcuno è anche portato, ha senso tattico». Bobba ha preso sul serio la missione che gli hanno affidato, quella di trasformare un passatempo in un'occasione concreta, reale, di cambiamento.
La squadra del Ceis Genova calcio

«Sono rimasto sorpreso quando li ho conosciuti», racconta ora il coach: «Sia per la loro disponibilità che per l'attenzione con cui seguono i consigli miei e di Mirko e Alfredo, i due giovani che seguono la squadra insieme a me, e che traducono dall'inglese - perché i nostri giocatori l'italiano lo capiscono bene ma ancora non lo parlano perfettamente. E io con l'inglese...». Arrivano tutti dall'Africa: Gambia, Senegal, Nigeria, Costa d'Avorio. «La maggior parte di loro ha 17, 18 anni: di giorno vanno a scuola, il pomeriggio si allenano. Alcuni invece hanno poco più di 20 anni».

Sembra il racconto di una vita normale, appunto, lontana dalle cronache di emergenza, diffidenza e paura che gravitano nelle opinioni quando si parla di sbarchi e migrazioni. La loro apparizione nel campionato ha interessato molto la stampa locale: perché è un'eccezione nelle cronache di esodi e centri straordinari per l'accoglienza.
La squadra del Ceis Genova calcio

Alla diffidenza, alle barricate di Goro, i ragazzi del Ceis Genova Calcio rispondono una partita alla volta. «Gliel'ho detto: non cadete in questo tranello», dice l'allenatore, nel tranello possibile cioè degli insulti, del razzismo, «Per ora si stanno comportando molto bene. Sorridono. E anche gli avversari: certo, sorprendiamo, è la prima volta che una squadra di migranti partecipa. Ma alcuni sono venuti addirittura a farci i complimenti in spogliatoio alla fine della partita».

Al campionato partecipano infatti ragazzi dagli orientamenti politici, ideologici e sociali più diversi. L'Italia, di fatto. Ragazzi che si trovano sul campo, a giocare, dei coetanei come loro. Non un"invasione". Le partite, gli allenamenti, poi, sono anche un modo per non fare solo "assistenza" ma entrare nella realtà. «Basta in fondo che dimostrino di valere sul campo, no?». E ci stanno provando: su cinque partite giocate, ne hanno perse due, vinta una, e un pareggio. Venerdì sera hanno battuto la Juve Stabia Marassi sei a tre.

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