Il terremoto in Irpinia inghiottì la Prima, fra soccorsi inesistenti e camorra. L'Aquila 2009 portò in scena lo show di Silvio Berlusconi e la privatizzazione della ricostruzione, con il suo seguito di inchieste e processi. Ora il sisma del 24 agosto sarà la sfida per uno Stato che si deve riformare
A ogni Repubblica il suo terremoto. Ogni sisma è specchio e rivelazione dei governanti chiamati ad affrontarlo. Furono il Belice (1968), il Friuli (1976) e l’Irpinia (1980) a scandire lo sprofondare di una classe politica. La valle del Belice, diventata una metafora della Nazione. «Caro On. Andreotti, sono una bambina di Santa Ninfa, le ho scritto per Natale ma lei non mi ha risposto, è una cosa ingiusta. Voi abitate in case comode e non capite come viviamo noi baraccati...», scriveva Giovanna Bellafiore, era già il 1976.
E la risposta del Divo Giulio: «Cara bambina, ho ricevuto la tua letterina. La vicenda del Belice è legata a una dolorosa, e purtroppo non facilmente spiegabile, procedura amministrativa. I fondi per la ricostruzione furono stanziati rapidamente...
Ti invio una bambola. I miei figli sono grandi, comprare un giocattolo mi ha fatto tornare indietro negli anni». «I nuovi fondi per il Belice portino sviluppo», auspicava il presidente del Senato Renato Schifani, 10 milioni di euro nella legge di stabilità 2013, 45 anni dopo il sisma. Giovanna Bellafiore era cresciuta.
Il Friuli, l’eccezione virtuosa, con il
governo di Aldo Moro che nomina commissario Giuseppe Zamberletti e delega la gestione dei fondi alla regione. E sarà il volano del miracolo friulano.
L’Irpinia, il buco nero che inghiotte la Prima Repubblica: i soccorsi inesistenti, la camorra, il Pci rompe con la Dc, il ministro dell’Interno si dimette, Sandro Pertini denuncia in tv: «Mai dimenticherò quel che ho visto. Non si ripeta il Belice». Il capo dello Stato accusa lo Stato.
L’Aquila 2009 è il terremoto della Seconda Repubblica. Lo show di Silvio Berlusconi (e di Guido Bertolaso), la new town, i grandi del mondo in Abruzzo, la privatizzazione della ricostruzione con inchieste, processi, intercettazioni («Io stamattina alle tre e mezzo di notte ridevo...»). Il 25 aprile di Onna con il Cavaliere con il fazzoletto tricolore al collo è l’apice del berlusconismo compassionevole e spettacolare, il giorno dopo arriva la festa di compleanno di Casoria e dell’Aquila Silvio non parlerà più.
Quello di Amatrice, Accumoli, Arquata, è il primo sisma della nuova fase, della Repubblica che si vorrebbe riformare. Al termine di un’estate drammatica, cominciata per gli italiani in vacanza con l’incidente dei treni in Puglia. L’irruzione della tragedia imprevedibile.
La fragilità che spezza l’Italia di mezzo simbolo di pace, bellezza, buon vivere. Prima c’è il dolore, poi ci sono le scelte della politica. Matteo Renzi lo sa bene: ogni terremoto per la classe dirigente è la sfida più dura. E cratere di ambizioni e di vanità.