"Donald Trump è un'anomalia della storia e lascia un'eredità terribile"
"Non ho mai visto Washington così divisa. Ma Joe Biden è l’uomo giusto per riunificare la nazione". Parla l’ex direttore della cia Leon Panetta che ha affiancato Clinton e Obama
«Conosco bene Joe, siamo amici da tanti anni. È una persona onesta, con valori solidi. La necessità di “guarire” questa nazione dopo tante divisioni, è un’idea in cui crede davvero».
Leon Panetta è certo che il presidente eletto Joe Biden sia la persona giusta per questi tempi. E, soddisfatto per il risultato elettorale, ci dice scherzando: «Come potrei non stimarlo? Ha sposato anche una italoamericana! Jill sarà la prima first lady di origini italiane a mettere piede nell’Ufficio Ovale».
Classe 1938, Panetta è stato uno dei grandi protagonisti della politica americana degli ultimi 40 anni: capo di gabinetto dell’amministrazione Clinton, direttore della Cia e poi ministro della Difesa durante la presidenza Obama. L’operazione che condusse alla cattura e all’uccisione di Osama bin Laden, porta anche la sua firma. Oggi vive in California, dove ha fondato il Panetta Institute for Public Policy. «Ho visto Washington al suo meglio e al suo peggio», ci dice commentando questa fase di transizione di poteri. Ritiene quella di Trump una «anomalia nella storia di questo Paese» che lascerà «un’eredità terribile». Eppure il fatto che il presidente uscente abbia rifiutato di concedere la vittoria all’avversario, denunciando brogli elettorali e rifiutando di collaborare con il presidente eletto, non lo spaventa perché ha «fiducia in Biden e nella sua straordinaria esperienza nelle istituzioni».
Ci racconti di Biden, lei lo conosce da sempre. «Da una vita. È prima di tutto una brava persona, capace di mantenere sempre una forte umanità. Ogni cosa che dice, la dice perché ci crede davvero. Come me, anche lui è figlio di immigrati. Lui di irlandesi, io di italiani. Le sue origini raccontano anche la persona che è. Poi è cattolico, molto credente. E la fede è importante per lui come per noi. Credo che sia fondamentale tornare ai valori di base. Valori a cui è legato profondamente e che riporterà alla Casa Bianca».
Trump non solo non collabora, ma continua a governare come se non ci fossero state elezioni. Provvedimenti come il recente licenziamento del ministro della Difesa hanno allarmato persino i membri del Pentagono.
«Molti speravano che, almeno nei momenti finali di questa amministrazione, decidesse di lasciare con dignità. Invece, gli ultimi giorni alla Casa Bianca saranno caotici, tanto quanto lo sono stati gli ultimi quattro anni. Poco sarà fatto per un trasferimento pacifico di potere e questo danneggerà il Paese. Una cooperazione avrebbe aiutato la nuova amministrazione a prepararsi meglio per le sfide che si paleseranno».
Il fatto che Trump non stia agevolando l’accesso ai documenti classificati sarà un problema per l’amministrazione Biden? «Partiamo dalla buona notizia: per fortuna il presidente eletto Biden ha un’incredibile esperienza, maturata in 40 anni al Senato e due mandati da vicepresidente. Conosce i meccanismi della Casa Bianca. Sono inoltre sicuro che le persone che sceglierà per formare la sua amministrazione avranno un’esperienza altrettanto robusta. Per questo mi sento tranquillo. Certo, è una brutta notizia il fatto che non essendoci collaborazione in questo processo di transizione, tutte le informazioni importanti sulle problematiche e le crisi in corso o probabili, non verranno condivise. Questo provocherà di sicuro dei rallentamenti nell’affrontare le questioni più stringenti».
In questi giorni di incertezza, nessuno della cerchia più ristretta ha chiamato Biden, come invece vorrebbe la tradizione. Crede che Trump abbia cambiato il partito repubblicano per sempre? «Non so dire con sicurezza se abbia rappresentato un punto di non ritorno o se una nuova leadership sarà capace di restituire i valori tradizionali al partito. Non ho mai visto Washington così divisa; e abbiamo pagato già un prezzo per questo. Né il presidente, né le leadership di entrambi i partiti sono stati capaci di fronteggiare insieme i maggiori problemi che il Paese ha vissuto. Ora non so dire se la nuova amministrazione andrà incontro ad altri quattro anni di stallo e divisioni o se i leader dei partiti si impegneranno a lavorare insieme al presidente per governare e guarire veramente la nazione».
Come è stato possibile che Trump abbia violato così tante regole? «Il presidente non era concentrato sul bene del Paese, ma sul proprio. Invece di ascoltare consiglieri più esperti, ha rifiutato qualsiasi tipo di guida. Ha preso decisioni guidato solo dal suo istinto, il quale raramente si è rivelato un buon modo per affrontare i problemi».
Il presidente eletto ha già istituito la task force sulla pandemia, sua priorità assoluta. Quali saranno le sue prime mosse? «Trump non è riuscito a sviluppare una strategia nazionale che permettesse di contenere il diffondersi del virus. C’è bisogno di fondi per fare i test, per la distribuzione del vaccino. Ora è importante anche varare un pacchetto di aiuti per i disoccupati e gli esercizi commerciali che sono stati colpiti. Bisogna fare i conti con un’economia in recessione a causa del Covid-19. Abbiamo bisogno di programmi per rimettere gli americani al lavoro. Deve partire subito il passaggio di una legge sulle infrastrutture che secondo me incasserebbe un appoggio bipartisan. E ottenerlo subito, sarebbe un buon risultato per l’amministrazione, manderebbe al Paese il messaggio che i due partiti possono ancora collaborare insieme».
Lei ha lavorato prima con l’amministrazione Clinton, poi con quella di Obama. Entrambi hanno avuto a che fare con un Senato a maggioranza repubblicana. Se questo fosse il caso anche per Biden, che consiglio si sente di dargli? «Lo stesso che ho dato al presidente Clinton quando abbiamo perso sia la Camera che il Senato, dopo due anni di mandato. Dobbiamo vederlo come un’opportunità che ci stimoli a rafforzare il consenso e cercare il compromesso su questioni importanti che permettano di ottenere dei risultati».
Sul fronte della politica estera, quali saranno i primi capitoli che aprirà Biden? «Sarà fondamentale per il presidente Biden andare alla conferenza della Nato e mettere in chiaro che siamo tornati, che ci si può fidare di noi, che sosterremo l’Alleanza con le nostre capacità militari e diplomatiche. Un passo fondamentale, visto che Trump ha promosso il ritiro degli Stati Uniti da una posizione di leadership nel mondo, favorendo una sorta di posizione isolazionista, in virtù del concetto “America first”. Questo ha danneggiato i rapporti con i nostri alleati, dando invece potere ai nostri avversari».
E riguardo all’accordo nucleare con l’Iran, il presidente intende ripristinarlo? «Occorre fare uno sforzo, lavorare tutti insieme per ristabilire l’accordo. Il presidente dovrebbe rinnovare il dialogo con Gran Bretagna, Francia, Germania, Russia, Cina e vedere se sia possibile riportare l’Iran al tavolo delle trattative. Credo che il primo sforzo dovrebbe essere quello di dare potere all’’alleanza, per far capire all’Iran che gli Stati Uniti non stanno operando da soli, ma con i nostri alleati per portarli ad agire avendo come obiettivo la sicurezza mondiale. Stesso discorso per gli accordi di Parigi. È necessario che il nuovo presidente metta subito in chiaro che torneremo a lavorare con gli altri Paesi per affrontare la minaccia del cambiamento climatico».
Più di 70 milioni di americani hanno votato per Trump. I sostenitori sono tanti e molto motivati. Crede che il presidente uscente continuerà ad avere un ruolo politico? «Credo che Trump probabilmente farà tutto quello che potrà per cercare di tenere insieme la sua base, però sono convinto anche che avrà tanto da fare visti i numerosi problemi legali che lo attendono una volta uscito dalla Casa Bianca. La cosa più importante, per coloro che hanno sostenuto Trump, è che Biden mantenga la sua promessa, cioè di unire il Paese. Dovrà prendersi del tempo per ascoltarli, per capire le loro preoccupazioni e fare in modo di rendere migliore anche la loro vita».
Come potrà Biden mantenere la promessa di riuscire a unire il Paese, quando una metà è convinta che l’altra abbia vinto imbrogliando? «Mi ripeto, ma so chi è Joe Biden. Sarà un presidente onesto, empatico, dirà solo cose di cui è convinto. Credo che davvero voglia impegnarsi a rimarginare le ferite che questa nazione oggi si porta dietro. In secondo luogo è abbastanza chiaro che nonostante qualche problema, non ci siano state frodi drammatiche. Queste elezioni sono state condotte in maniera regolare sia da funzionari repubblicani che democratici. Il risultato è stata l’elezione del presidente Biden. Credo che in fondo tutti gli americani capiscano che in politica come nello sport, si combatte per quello in cui si crede, ma alla fine ci si attiene al risultato finale».
Oggi con il Panetta Institute for Public Policy si occupa anche di preparare le giovani leve alla politica. Nessun progetto di tornare a Washington, magari con un nuovo incarico? «Al momento l’Istituto assorbe tutte le mie energie. E poi mi godo la famiglia, figli, nipoti. E mia moglie. Siamo sposati da 58 anni: io sono calabrese, lei genovese, una combinazione niente male!».