Il Regno Unito ha finalmente applicato le misure di contenimento del virus, dopo aver sottovalutato la sua pericolosità. Tra queste, il salario garantito per chi non può lavorare. Ma l'esecutivo non vuole che la pandemia rallenti il processo di uscita dall'Europa

Cara Italia,

Vivo a Londra con mia moglie Dora da sei anni e fino ad ora non mi era mai capitato di sentire l’Italia così lontana e fragile, senza avere la possibilità di tornare per essere d’aiuto o anche solo per essere li con le persone a me care. Non avrei mai pensato di trovarmi in isolamento a casa per una terribile pandemia che sta affliggendo la nostra società moderna. Soprattutto in un paese straniero, sapendo amici e famigliari preoccupati (giustamente), e isolati nella ‘mia’ Italia.

La situazione COVID-19 qui nel Regno Unito è ancora in una fase iniziale rispetto all’Italia (2 settimane di ritardo stimate relativamente al numero di casi positivi), ma ovviamente ascoltando e seguendo quello che sta accadendo in Italia, si può già prevedere la molto probabile progressione della pandemia anche qui.

Io mi sono isolato a casa da una settimana (uscendo solo per motivi essenziali quali la spesa) tenendo le dovute misure precauzionali suggerite dagli esperti nel settore epidemiologico. Ho chiuso il mio laboratorio (come tanti hanno fatto, ancora prima delle direttive universitarie) lasciando la libertà alle persone nel gruppo di poter raggiungere i loro cari e i loro paesi di origine nel caso avessero voluto. Sono sorpreso positivamente delle misure prese a livello delle singole Università che, ancora prima delle linee guida del governo, avevano già messo in atto politiche di smart working e di riduzione del flusso di personale negli edifici (come per esempio la sospensione delle lezioni), fino alla chiusura completa degli edifici e della ricerca per poter dedicare le risorse e personale all’emergenza internazionale per contrastare la pandemia.
Gabriele Lignani

Sebbene inizialmente le dichiarazioni di Boris Johnson e dei suoi consulenti siano state a dir poco discutibili, non scientificamente robuste (vedi immunità di gregge), e molto pericolose visto quello che è successo in Cina, Sud Corea e Italia, la tradizione nazionale inglese di seguire linee guida dettate dalla Scienza per questioni medico sanitarie è stata poi per fortuna nuovamente alla base delle direttive governative (uno su tutti il modello predittivo ottenuto dall’Imperial College). A conti fatti il Regno Unito ha attuato le misure di contenimento relative al social distancing e la chiusura di ristoranti, pub, bar, musei e altri posti di aggregazione una settimana prima rispetto all’ Italia (relativamente ai numeri di casi positivi per COVID-19), mentre la chiusura delle scuole è arrivata con una settimana di ritardo.

La testimonianza
"Io, italiana in Cina, ho vissuto la quarantena. E vi racconto la gioia del ritorno alla normalità"
16/3/2020
Sicuramente le misure di contenimento del virus dovevano essere attuate prima, ma probabilmente l’orgoglio britannico di non voler cedere a misure troppo restrittive alla libertà personale e il potenziale danno economico della vicenda, hanno ritardato pericolosamente la messa in atto di vere e decise misure. Allo stesso tempo, al momento dell’attuazione, le norme sono state supportate da robuste misure sociali ed economiche per sostenerle (inaspettatamente per il sottoscritto, e tutte da verificare a lungo termine).

Un esempio è la chiusura delle attività di ristorazione in parallelo a ingenti misure di protezione dei posti di lavoro per i dipendenti (80% salario garantito dal governo) e per le attività imprenditoriali. Inoltre si è avuto anche il tempo nelle scorse settimane di potenziare il livello del sistema sanitario nazionale (carente in infrastrutture per questa emergenza) e di poter allertare e istruire i medici per quello che avverrà nei giorni a venire. Dal punto di vista sociale hanno, per esempio, avvertito gli anziani e le persone con problemi di salute di restare a casa per 12 settimane, ma in parallelo hanno anche reso disponibili servizi di spesa online dedicati e un orario protetto per la spesa nei supermercati.

La lettera
Io, italiano nella Berlino che inizia a chiudere. Ma c'è chi si lamenta: «Tutta una cavolata»
24/3/2020
Il sistema sanitario nazionale (National Health System, NHS) è sempre stato l’orgoglio dei cittadini inglesi (nonostante i recenti problemi legati alla mancanza di fondi) e, più importante, le persone che lavorano per esso (tra cui mia moglie) sono sempre state considerate con riguardo dalla politica e dalla popolazione (ieri sera ci sono stati applausi alla finestra sincronizzati in tutto UK per ringraziare il personale al lavoro negli ospedali). Per questo motivo molti negozi stanno facendo sconti e promozioni per i dipendenti dell’NHS, e anche i supermercati hanno delle fasce orarie per fare la spesa dedicate solo a loro.

Obbiettivamente il governo sta facendo qualcosa (meno male) sia a livello sociale, sanitario e sia a livello economico per trovarsi pronto quando la situazione andrà a peggiorare. Se questo sarà abbastanza nel momento del picco pandemico è difficile da prevedere. Grazie al loro forte senso civico, la popolazione sembra si stia rendendo conto finalmente del pericolo anche qui, anche se per esempio nei supermercati e nelle farmacie le regole di distanza sono entrate in vigore da pochissimo. Camminando per le strade si nota che le persone cercano di evitare contatti ravvicinati ma pochi giorni fa non essendoci una propria legge effettiva non tutti sono stati così sensibili da interpretare correttamente i suggerimenti del governo.

La lettera
"Io, italiana a Washington. Dove i politici si sono arricchiti con il coronavirus"
25/3/2020
Ad oggi multe salatissime (all’inizio si parlava solamente di 30 sterline di multa) sono previste per i trasgressori. Mi immagino, e auguro, che misure sempre più aspre siano introdotte a breve perché altrimenti una massiva diffusione del virus sarà inevitabile. Londra, ancor di più, con i suoi 10 milioni di abitanti provenienti da tutto il mondo e con la caratteristica di essere sempre “sveglia”, potrà subire le ripercussioni maggiori senza regole stringenti. Anche perché i mezzi pubblici sono stati diminuiti drasticamente, ma molte persone vanno ancora a lavorare creando degli scenari pericolosissimi nelle poche metro presenti.

In tutto questo, la sempre più vicina Brexit sarà un’altra surreale situazione a cui dovremo partecipare, anche perché Boris Johnson ha già chiaramente avvertito che non vuole ritardi ulteriori per uscire dall’Europa. Nemmeno questo pericolo mondiale, in cui la collaborazione internazionale sarà alla base di un finale positivo e della messa in atto di misure preventive per scongiurare nuove pandemie, è riuscito a far rinsavire il governo da questa assurda linea politica. Addirittura oggi sembra che l’UK abbia rifiutato (o mancato la scadenza) aiuti Europei per ricevere ventilatori extra, con conseguente imbarazzo del governo nei confronti della popolazione. Si preannunciano mesi bui per questo paese.

Il mio dispiacere per l’Italia è che si è trovata in prima linea in questa pandemia non essendo per niente preparata. E nonostante ciò sta combattendo con tutte le sue forze e con lo sforzo immenso del personale medico e di assistenza (dopo tagli immensi negli ultimi anni) che ha fatto ritrovare uno spirito di unità nel paese ultimamente minato da inutile razzismo e “guerra” sociale. A mio parere il problema maggiore dovuto all’impreparazione, a parte il sistema sanitario al collasso, sarà a livello economico e sociale una volta finita (e finirà) questa emergenza sanitaria. Pensandoci bene questa situazione era difficile da prevedere anche per i più accaniti complottisti, ma sicuramente ci aiuterà a essere più preparati in futuro non solo a livello locale ma internazionale.

La lettera
"Io italiana in Norvegia. Dove i giovani non hanno capito il pericolo coronavirus"
20/3/2020
Ho sempre pensato di voler tornare in Italia ad un certo momento della mia vita, non sono ancora sicuro di quando ma succederà sicuramente. La mancanza di quel senso di felicità nel gustare i sapori e assaporare l’odore del mare (di Genova) che hanno segnato la mia vita per più di 30 anni, si fa sempre sentire. Forse l’attuale situazione mi ha fatto venire ancora di più nostalgia di casa (quella vera) e mi ha fatto pensare più concretamente a tornare. Mi sono trasferito qui per poter fare il lavoro che mi piace, un lavoro in cui l’esperienza maturata in altri paesi è fondamentale ma spero che l’Italia si rialzi presto da questa situazione e che ci siano nuove e stimolanti opportunità per poter tornare ad esercitare la mia professione nel mio paese. Sicuramente non vorrei ritrovarmi in una situazione simile in futuro, ancora una volta lontano da casa.

Gabriele Lignani, 37 anni, di Genova, è un Ricercatore in Neuroscienze all’University College London, dove coordina un gruppo di ricerca che sviluppa nuove terapie geniche per malattie neurologiche.