Salario minimo bocciato. Studenti manganellati in piazza. E soprattutto ostilità per i temi civili: femminicidi, Lgbt, disabili, fine vita. La destra al governo mostra così il suo volto più retrivo

Con Walter Rizzetto (ex M5S, oggi Fratelli d'Italia) che dà dei «lama» agli avversari («Sputate in faccia agli italiani») e un gruppo di deputati che pugni stretti corrono al centro dell’emiciclo della Camera pronti alla rissa (poi placcati da cinque commessi) si è chiusa nell’ultimo mese del 2023, per sempre, la possibilità di approvazione del salario minimo. L’ultima battaglia parlamentare dell’anno ha visto ancora una volta l’opposizione battuta, provocata e sbeffeggiata non solo dalle votazioni ma anche da una serie di gesti: l’indice portato alla bocca per tacitare, frasi sconce, claque per rinforzare gli insulti rivolti all’avversario. Uno spettacolo da curva da stadio sotto gli occhi dei cronisti e di una scolaresca in tribuna, accompagnata all’uscita prima della sospensione ma non prima di aver osservato lo stato della politica italiana. Una politica maschile testosteronica, nonostante possa vantare la prima donna alla presidenza del Consiglio. Ma anche abilista (“ritardato”, “demente” gli insulti volati a Montecitorio). Predominante sui corpi e sulle scelte degli altri, che comanda negli slogan e anche nelle leggi pronte a essere discusse nel 2024. L’Italia è in bilico, avvertono le istituzioni europee. O si resiste o si precipita indietro. Dopo, risalire la china sarà durissima.

 

Fendenti ai diritti: delle donne, delle persone Lgbt, delle persone disabili o in fine vita. Sulla questione femminile tutto è affiorato e galleggia tra critiche e timori. Per contrastare i femminicidi la maggioranza, che si era già dimenticata del caso Cecchettin e delle altre vittime, ha accolto l’emendamento dell’opposizione che ha destinato 40 milioni ai centri antiviolenza, alle case rifugio, ai centri per uomini maltrattanti, al reddito di libertà. Troppo poco, spiega chi si occupa da sempre e sul campo di violenza di genere. Antonella Veltri presidente di D.i.Re - Donne in Rete conto la violenza: «Pur apprezzando l’impegno delle opposizioni», individua le criticità. «Prima fra tutte la non strutturalità di queste risorse. Questo significherà, ancora una volta, che le azioni dei centri antiviolenza dovranno essere programmate alla giornata, o basandosi su risorse non istituzionali, come la raccolta fondi». Altro elemento critico è la distribuzione dei fondi attraverso le Regioni: è nota la frammentarietà delle modalità, dei criteri e delle tempistiche. «Non abbiamo ancora notizie circa l’impegno del governo per contrastare e prevenire questo fenomeno da un contesto culturale», sottolinea Veltri.

 

A scorrere le iniziative della maggioranza emerge che l’impegno è tutto concentrato sul corpo dei cittadini. Il corpo delle donne, controllato. Quello delle persone trans, negato. Quello delle persone disabili, obliato. È una violenza a bassa intensità ma ad altissimo tasso di contagio sociale. Costruisce una nuova morale e mina i diritti conquistati. «La legge 194 sull’aborto non si tocca», è stato il refrain di Giorgia Meloni sin dal suo insediamento. Ma non è quello che riferiscono dentro il partito della fiamma. Da Largo Chigi si guarda con interesse al disegno di legge a prima firma Licia Ronzulli (vicepresidente di Forza Italia) che di fronte al femminicidio di Vanessa Ballan, al terzo mese di gravidanza, ha riproposto un testo che riconosce, in caso di uccisione di una donna incinta, il duplice omicidio. Uno stratagemma che renderebbe il feto depositario di diritti al pari della donna. Considerare l’inizio della vita umana dal concepimento è un tentativo che questa legislatura insegue dal suo insediamento: sono quattro le proposte di legge presentate. Attualmente, in caso di morte di un feto contro la volontà della donna si parla di “procurato aborto”, disciplinato dal art. 593 ter del codice penale. Riconoscere come duplice omicidio il femminicidio di una donna incinta potrebbe aprire al riconoscimento della personalità giuridica del feto, a cascata considerare omicidio la morte del feto dopo il 90esimo giorno (termine legale per l'interruzione volontaria di gravidanza, mentre dal 91esimo al 180esimo si pratica l’aborto in caso di rischio per la madre o malformazioni del feto). Molto apprezzata, sempre dal partito di Meloni, l’idea di costringere una donna ad ascoltare il battito del feto prima di procedere all’aborto. La proposta di legge di iniziativa popolare lanciata dai gruppi anti-scelta che ha raccolto più di centomila firme viene in questi giorni accarezzata dalla senatrice di Fratelli d’Italia, Lavinia Mennuni che tra un tentativo di rendere il presepe obbligatorio e quello di rendere la maternità “cool”, avrebbe discusso di questo in un incontro privato assieme all’associazione Pro-Vita invitata recentemente a Montecitorio. «Il medico che effettua la visita che precede l’Ivg –  si legge nel testo –  è obbligato a far vedere, tramite esami strumentali, alla donna intenzionata ad abortire, il nascituro che porta nel grembo e a farle ascoltare il battito cardiaco dello stesso».

 

È questa del governo una politica maschile ma soprattutto eterosessista convinta, cioè, che l’unica relazione sessuoaffettiva possibile sia quella tra uomo e donna. Per questo stigmatizza i desideri e le forme di relazione che esulano da questa norma costruita. Il quotidiano inglese The Guardian ha definito «orfani per decreto» i bambini delle famiglie di coppie dello stesso sesso, lasciati in un limbo giuridico. Nel mese di maggio, attraverso l’Avvocatura dello Stato, il Governo Meloni si è costituito in tribunale a Milano per chiedere la cancellazione delle famiglie arcobaleno registrate dal sindaco Beppe Sala. Il primo di una lunga serie di atti innescati dalla circolare del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi inviata a gennaio 2023, anticipata da L’Espresso, nella quale il governo ha sollecitato procure e tribunali. Un’iniziativa poco apprezzata fuori dai confini italiani. Meloni è stata bacchettata per questo dal presidente americano Joe Biden che ha sollevato la questione durante un loro incontro e da quello canadese Justin Trudeau («preoccupato per per le posizioni italiane sui diritti Lgbt»). Ma non solo. L’Italia è stata condannata dal Parlamento Europeo tramite un emendamento al testo della Risoluzione sullo Stato di diritto: «Si ritiene che questa decisione porterà inevitabilmente alla discriminazione non solo delle coppie dello stesso sesso, ma anche e soprattutto dei loro figli; una violazione diretta dei diritti dei minori, quali elencati nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza del 1989». Il Parlamento europeo «invita il governo italiano a revocare immediatamente la sua decisione». Ma il governo tace ed è pronto ad approvare, probabilmente a febbraio al Senato in seconda lettura, il ddl Varchi che punta a rendere universale il reato di maternità surrogata, già vietata in Italia, quindi perseguibile anche se commesso all'estero. «Sanno che non è applicabile», dice Alessia Crocini, presidente di Famiglie Arcobaleno: «costringerà le persone ad andare nei tribunali per anni, fino a che la Consulta non riconoscerà l’incostituzionalità già palese. Quello che mi chiedo è cosa faranno nel concreto? Aspetteranno le famiglie negli aeroporti per arrestare i genitori e mettere i bambini nelle case famiglia? Se l’applicazione non è ancora chiara, a livello simbolico l’aspetto più grave è lo stigma che stanno rovesciando su bambini e ragazzi nati da gestazione per altri: saranno considerati figli di un reato, così come venivano considerati quelli nati da uno stupro».

 

Spariscono invece sotto un velo di pietismo e abilismo le persone disabili. Come hanno denunciato le realtà che aderiscono al Patto per un Nuovo Welfare sulla Non Autosufficienza, che riunisce 57 associazioni. «A marzo è stata approvata la legge di riforma dell’assistenza, un provvedimento atteso da 25 anni che potrebbe finalmente rappresentare la svolta. Purtroppo la Legge di Bilancio non prevede alcuna misura per tradurla in pratica». Scomparso invece dal dibattito parlamentare il tema del fine vita. Non c’è spazio per una legge nazionale che regolamenti l'aiuto alla morte volontaria. La sentenza numero 242 del 2019 della Corte costituzionale sul caso Cappato\Antoniani indica le procedure in attesa di un testo. Lunghe e faticose, ma il senso del tempo è sempre disuguale tra persone in salute e no, tra chi deve seguire i tempi della politica e chi vede i suoi giorni scanditi dalla propria malattia. Costretti a morire in esilio, in Svizzera, grazie all’Associazione Luca Coscioni che aiuta a compiere «azioni di disobbedienza».

 

A contrapporsi all’erosione, nelle piazze, restano gli studenti che protestano contro il caro vita e la mancanza di educazione sessuale nelle scuole, nessuno degli emendamenti che avevano fatto pervenire tramite le opposizioni (borse di studio, fondo affitti, alloggi universitari) è stato approvato. Il movimento studentesco sembra il solo capace di resistere alla sindrome di “sonnambulismo” fotografata dal Censis. Manganellati dalla polizia, prova di un governo impotente di fronte alla fatica di pensare alle generazioni future.