Grecia, subito un miliardo di euro per evitare il default
Lunedì è atteso il rimborso al Fondo monetario. Ma la vera partita si giocherà entro l'estate quando Tsipras dovrà garantire oltre tre miliardi di euro alle casse europee. Un traguardo difficilmente raggiungibile senza un accordo con la Ue
di Federica Bianchi
6 maggio 2015
tsipras varoufakisLa Grecia è ancora una volta alle prese con i suoi demoni economici. L'Europa - la Germania in primis - con quelli politici. Perché l'eventuale esclusione della Grecia dall'euro significherebbe colpire mortalmente quel meraviglioso progetto nato sulle ceneri della Seconda guerra mondiale che avrebbe dovuto garantire al vecchio Continente prosperità e pace durature.
La prossima tappa della via Crucis greca sarà lunedì 11 maggio quando dovrà rimborsare oltre un miliardo di euro al Fondo monetario internazionale. Ancora per questa volta i soldi probabilmente ci saranno e un default sarà nuovamente evitato. Ma è l'accordo tra la Grecia e l'Europa – leggi soprattutto Germania – che non arriva.
Il giovane premier Alexis Tsipras aveva vinto le elezioni di Gennaio con la promessa di mettere un punto alle ulteriori richieste di tagli e sacrifici da parte dei creditori internazionali. A tre mesi di distanza non è riuscito a convincere i creditori a dare un po' di respiro (finanziario) al suo Paese. Al contrario l'Unione europea continua a pretendere un'ulteriore riforma del mercato del lavoro e, soprattutto, la mai attuata riforma delle pensioni che dovrebbe allungare l'età pensionabile.
Per calmare le acque e ricominciare le discussioni con un tono più morbido, Tsipras settimana scorsa ha tolto l'incarico di capo negoziatore al tavolo europeo al focoso ministro delle finanze Yannis Varoufakis per darlo al più moderato economista Euclide Tzakalotos. Ma la sostanza non cambia: ulteriori misure di austerità sono al di fuori del mandato ricevuto dagli elettori. Non a caso ha annunciato che se sarò obbligato ad accettarle le farà diventare oggetto di un referendum nazionale. Una prospettiva questa aborrita dall'Europa non solo per i tempi e i costi che implicherebbe ma soprattutto perché potrebbe diventare un pericoloso precedente per tutti i Paesi dell'Unione.
E mentre l'Europa dei burocrati per bocca del suo Commissario agli affari economici, Pierre Moscovici, ha fatto sapere che non intende rimodulare in nessun modo l'enorme quantità di debito che grava sul Partenone, il Fondo monetario internazionale ha fatto capire che la quantità di debito greco (vicina a 180 per cento del Pil) non è sostenibile e che deve essere ridotta se il Fondo dovrà sborsare i suoi 3,5 miliardi di euro in aiuti economici. Secondo le previsioni di Bruxelles il debito greco sarebbe dovuto scendere quest'anno al 170 per cento del Pil dal 176 per cento dell'anno scorso; invece sta per superare il 180 per cento, aiutato dalla recente instabilità finanziaria.
Da giorni sono in corso estenuanti dialoghi per trovare la quadratura del cerchio al massimo entro questo fine settimana per arrivare all'appuntamento dell'11 maggio con il sorriso sulle labbra. Ma la data oltre la quale la Grecia senza un accordo non sarà davvero in grado di rimanere solvibile è il 19 luglio, quando è previsto un rimborso da tre miliardi e mezzo di euro alla Banca centrale europea. Come a dire oltre l'estate non si può trattare.
Gli appelli affinché la Germania allenti i cordoni della borsa in nome dell'unità e della solidarietà europea si sono ripetuti per tutti questi mesi. Inascoltati. Adesso cominciano a farsi più intense le voci di chi suggerisce alla Grecia di smettere di tentare di rimanere nell'euro ma di dimostrare che ce la potrà fare anche da sola. «L'euro ha mancato l'obiettivo per cui è nato: la promozione dell'unità europea», scrive Gideon Rachman sul Financial Times. Non offre né crescita economica né solidarietà politica. Soltanto l'orribile sensazione che il proprio destino è deciso al di fuori dei confini patrii, esattamente come al tempo degli Ottomani.
Così, mentre il resto d'Europa cresce ad una media dell'1,5 per cento (con la solita triste eccezione italiana) aiutata anche dal basso costo del petrolio e dalla forte svalutazione dell'euro, la Grecia forse metterà a segno un incremento del prodotto interno lordo di mezzo punto percentuale, sempre a patto che rimanga nell'euro e riceva dalla Troika i 7,2 miliardi di euro in aiuti. Una situazione fragile, talmente fragile che fa apparire fattibile l'ulteriore perdita di un 10 per cento della ricchezza interna in seguito alla fuoriuscita dall'Europa (la Grecia ne ha già perso un quarto in cinque anni) e permette al governo di accarezzare l'idea dell'abbandono dei tavoli europei.
D'altra parte, nonostante le trattative non siano ancora approdate a nulla, il governo ha sempre dalla sua la maggior parte del Paese, anche perché l'alternativa a questa sinistra è un ritorno all'accettazione supina dei diktat della Troika. Ma i sondaggi più recenti dicono anche che i greci vorrebbero rimanere in Europa. E che ancora sperano in un gesto di buona volontà da parte della Germania. Almeno in extremis.