Essere nelle liste di chi è sospettato di attività terroristiche non impedisce l'acquisto di pistole o fucili. Ma anche dopo quel che è accaduto a Orlando poco cambierà: la lobby delle armi, la Nra, difende il secondo emendamento
Rientrare in una lista di sospetti terroristi non è una condizione sufficiente per essere esclusi dall’acquisto di armi. Accade negli Stati Uniti, dove nel 2015 nove persone su dieci di quelle presenti nell’elenco del
Federal Bureau of Investigation (Fbi) hanno avuto il via libera.
Tra questi potrebbe esserci anche
Omar Mateen, l’uomo che il 12 giugno
ha aperto il fuoco in un locale gay di Orlando in Florida uccidendo 49 persone e ferendone altre 50. Nonostante fosse stato sospettato di terrorismo, uno dei “soldati del Califfato in America” come l'ha definito radio Al-Bayan, l’emittente ufficiale del gruppo jihadista ha potuto acquistare legalmente un fucile e una pistola una settimana prima di compiere l’attentato al Pulse Club.
A fare i conti è l'agenzia governativa
Government Accountability Office che ha pubblicato un
report in cui risulta che delle 244 richieste di armi da parte di persone sospettate di attività terroristica, 223 sono state accettate: il 91 per cento per l’appunto. Facendo una stima dal 2004 a oggi la percentuale rimane la stessa: su 2.477 richieste, 2.265 sono state approvate.
Nel paese dove sono accaduti, solo nell’ultimo anno, nove episodi di uccisioni di massa (otto delle quali compiute con armi acquistate legalmente), le legge che regola la distribuzione di pistole e fucili, il
Brady Handgun Violence Prevention Act (da Brady Bill, addetto stampa durante la presidenza di Ronald Regan) risale al 1994. All’epoca fu una rivoluzione perché istituì l’obbligo di compilare un questionario e stabilì un’attesa di cinque giorni per ottenere il permesso d’acquisto.
In ogni caso il divieto riguarda solo alcune categorie: chi è stato condannato per qualsiasi reato a un anno di detenzione, è un molestatore, ha commesso stalking, violenza domestica o ha una malattia mentale. Non i sospetti di terrorismo quindi.
Secondo il regolamento anche qualora l’Fbi avesse avuto la segnalazione su Mateen, non era obbligata a bloccare l’acquisto. I negozi di armi poi non sono tenuti a mandare l’intera documentazione su chi compra e che cosa.
Barack Obama è riuscito far passare un ordine esecutivo che richiede di ottenere una licenza federale per l'acquisto, ma poco è cambiato.
[[ge:rep-locali:espresso:285210684]]Mateen che era stato interrogato due volte, nel 2013 e nel 2014, per sospetti legami terroristici ed era stato insierito dall’Fbi nella lista dei possibili simpatizzanti dell’Is, insieme ad altri
400.000 nominativi. Sono i nomi del
“terrorist screening database” che comprende inoltre un milione di documenti raccolti fin dal 2008. Un archivio in continuo aggiornamento - ogni giorno ci sono 1.600 nuove candidature proposte, 600 nomi sono cancellati - in cui solo un ventesimo delle persone in lista sono cittadini statunitensi (come Mateen) o residenti sul territorio.
Ma la legislazione in argomento non è detto che cambi, neanche con questa strage. I
repubblicani, che da sempre difendono il diritto di possedere un’arma, tirano in ballo i frequenti errori commessi dall’Fbi. Lo stesso Dipartimento di Giustizia Usa ha ammesso che un controllo su un campione di 105 documenti ha rilevato che il 38 per cento dei nomi era inesatto.
Il limite d'acquisto d'armi non riguarda neanche chi è sulla
“no-fly list”, l’elenco di chi non può prendere un aereo in entrata o uscita dagli Stati Uniti, introdotto dopo gli attentati dell’11 settembre. Gli ultimi dati dicono che nel 2013 ne facevano parte 47.000 persone.
Non è tutto. Omar Mateen è entrato nella discoteca armato di un fucile automatico, l'AR-15, in grado di sparare oltre 100 colpi in un paio di minuti. L’arma perfetta se si vuole compiere una strage. Contro il
fucile d’assalto si era anche mosso Obama proponendo nel 2013 una legge che lo bandisse, ma senza successo.
Nello stesso anno è stata bloccata anche la proposta che prevedeva l’obbligo di mettere sotto chiave le armi.
Delle intenzioni di Obama poco è rimasto, anzi gli Usa stanno andando nella direzione opposta: è stato infatti ampliato il permesso di portare un’arma anche all’interno di edifici scolastici, chiese, campus universitari, e il "concealed carry", la possibilità di girare con un'arma "di nascosto".
Inoltre molti tipi di pistola possono essere acquistati online e senza nessun tipo di controllo come mostra il
documentario shock "Making a Killing: Guns, Greed and the NRA" di
Robert Greenwald. Spesso poi il porto d’armi non è tra i requisiti per l'acquisto.
La
cultura delle armi a stelle e strisce non trova freno. Alimentata dalla potente lobby della
National Rifle Association (Nra) che distribuisce soldi, soprattutto ai repubblicani, per bloccare qualsiasi provvedimento che la danneggi. Una pratica di per sè legale. Le lobby possono infatti dare denaro ma anche pagare le campagne elettorali - come avviene per quella di
Donald Trump - od organizzare raccolte di fondi. La pressione della Nra è così potente che pur di difendere il
secondo emendamento, che garantisce il diritto di difesa, non rema contro nemmeno ai possibili terroristi.
Secondo gli ultimi dati diffusi dall'
Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo (Iriad) negli Usa, il paese più armato al mondo,
muoiono 30.000 persone all’anno per colpi d’arma da fuoco, metà delle vittime sono giovani. Ora il capo della polizia di New York
Bill Bratton ha lanciato una campagna per impedire che qualcuno presente sulla lista nera del terrore o sulla no-fly list possa possa acquistare armi. Ma se non c’è riuscito l’inquilino della Casa Bianca in due mandati a imporsi sulla Nra, l’impresa sembra impossibile.