L'organizzazione nata per proteggere i bambini festeggia lanciando una nuova campagna mondiale per proteggere i minori dalla guerra

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È in piedi dietro a un arbusto pallido, fuori dal campo profughi dove vive, nel Nord dell’Uganda. Ha lo sguardo basso e indosso la contraddizione di quanto ha dovuto soffrire: un paio di pantaloncini di Cars, il cartone amato dai più piccoli, e una camicia verde. Ma l’espressione mostra l’età che la guerra gli ha strappato a forza. George ha 13 anni ed è stato un bambino soldato in Sud Sudan. Ha dovuto fare il palo di notte, nei boschi, con l’ordine di uccidere chi si avvicinasse, animale o uomo. Ha dovuto imparare a sparare sugli avversari, vittime legate per addestramento. È cresciuto nell’orrore. Da cui ora, lentamente, gli operatori umanitari stanno cercando di aiutarlo a liberarsi.

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"Sono un bambino soldato e a 13 anni uccidevo ragazzi come me"
29/5/2019
George è stato ritratto insieme ai suoi fratelli da Francesco Alesi nel reportage che ha realizzato per Save the Children in occasione del centenario dalla fondazione. Per celebrare i 100 anni l’organizzazione ha lanciato infatti una nuova campagna per la protezione dei minori nelle aree di conflitto. Presentando un dossier che denuncia come 420 milioni di bambini, nel mondo, si trovino oggi coinvolti in operazioni militari, esposti a violenze, alla fame, alla mancanza di accesso a diritti come la scuola. Solo nel 2017 sono stati bombardati oltre 1.400 edifici scolastici.

Save The Children, nata a ridosso della prima guerra mondiale proprio per aiutare i piccoli, rinnova quell’impegno, con una raccolta fondi (anche attraverso sms, al 45533) destinata al sostegno di progetti. Come quello rivolto ai bambini del Sud Sudan che hanno trovato riparo in Uganda, paese che ospita, da solo, oltre un milione di rifugiati: la formazione di 25 insegnanti per il supporto di chi ha subito traumi e la riqualificazione di 36 centri di comunità. È in uno di questi centri che Alesi ha incontrato George, salvato dal fratello che è riuscito a riscattare la sua famiglia dalla milizia che usava i ragazzini come armi. «Tutti vogliono prendere il comando, per questo reclutano i bambini che non capiscono quello che sta accadendo e vengono costretti a combattere», ha raccontato. Ora è sotto protezione, senza comandi, con l’invito a ricominciare a credere nel suo futuro.