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16 ottobre, 2025Washington e Caracas ai ferri corti. Il presidente Usa non esclude un regime change: "Stiamo valutando la possibilità di estendere le azioni militari statunitensi alla terraferma". Il presidente colombiano Petro: "La politica antidroga americana porta all'invasione del Venezuela"
Se sono due i fronti principali a cui guardano gli Stati Uniti — Medio Oriente ed Est Europa — ce n’è un altro, pronto a esplodere, che non va sottovalutato: il Sud America. Con le tensioni tra Washington e il Venezuela di Nicolas Maduro che aumentano di giorno in giorno. Dopo la mossa di Donald Trump, che ha confermato di aver autorizzato missioni d’intelligence americana a Caracas e che non ha di fatto escluso un rovesciamento del regime, il presidente venezuelano ha attaccato: “L’America latina non vuole, non ha bisogno e ripudia i golpe della Cia. Fino a quando — ha continuato — avremo questi golpe?”.
Il successore di Hugo Chavez ha invitato a portare "la verità del Venezuela" a "tutti i settori sociali, culturali, politici ed economici della società americana per dire no alla guerra nei Caraibi e in Sudamerica" a fronte della "minaccia" del dispiegamento militare Usa nelle acque davanti al suo Paese.
Parole che sanno di vigilia di resa dei conti? Presto per dirlo. Quel che è certo, però, è che da quando è tornato alla Casa Bianca, Trump ha alzato l’attenzione sul Paese sudamericano. Formalmente, per combattere i cartelli della droga — ormai sono diverse le imbarcazioni bombardate dalle forze statunitensi, sospettate di ospitare narcotrafficanti —; nella sostanza, per spodestare Maduro dalla guida del Venezuela — un vero e proprio regime change, sulla falsariga dei tanti sponsorizzati da Washington in America Latina nel Novecento (e non solo) — con un occhio alle risorse naturali di Caracas, che fanno del Paese quello con più riserve petrolifere al mondo, di fronte all’Arabia Saudita.
In questi giorni è stato il New York Times ad aver lanciato l’indiscrezione secondo cui la Cia stia conducendo azioni segrete: Trump si è rifiutato di commentare, ma ha ammesso di aver “dato l’autorizzazione” perché Maduro — su cui pende una taglia statunitense da 50 milioni di dollari — guida un regime che ha definito “narco-terrorista” e libera detenuti dalle carceri per spedirli, volontariamente secondo il tycoon, negli Stati Uniti.
A fine agosto, il presidente Usa aveva mobilitato tre navi da guerra ormeggiate al largo delle coste venezuelane. "Ora che abbiamo il mare sotto controllo, è ovvio che stiamo valutando la possibilità di estendere le azioni militari statunitensi alla terraferma”, ha detto rispondendo alle domande dei cronisti nello Studio Ovale, alla Casa Bianca. Un piano, quello di spodestare Maduro, appoggiato anche dalla neo premio Nobel per la Pace, Maria Corina Machado.
In risposta al dispiegamento militare statunitense, il Venezuela ha lanciato manovre militari, comprese esercitazioni al confine con la Colombia e la mobilitazione di riservisti in tutto il paese. Il governo ha anche attivato l'Organo di Direzione per la Difesa Integrale (ODDI) e le Zone Operative di Difesa Integrale (ZODI) per il coordinamento della difesa, schierando forze anche nei grandi quartieri popolari di Caracas.
Il governo venezuelano, tramite il suo ministro degli Esteri Yván Gil, ha dichiarato che le parole di Trump costituiscono una violazione del diritto internazionale e ha annunciato che la Missione permanente presso le Nazioni Unite solleverà la questione davanti al Consiglio di Sicurezza e al segretario generale.
Nella partita sudamericana — e non per la prima volta — si è inserito anche il presidente colombiano Gustavo Petro, a cui a fine settembre gli Stati Uniti hanno revocato il visto per i suoi commenti contro Israele. "La politica antidroga che gli Stati Uniti vorrebbero imporre alla Colombia ha la conseguenza immediata di una possibile invasione del Venezuela”, ha dichiarato da Puetro Asìs, dove il governo ha festeggiato la distruzione delle armi di un gruppo di guerriglia, dissidente delle ex Farc, con cui Bogotá sta negoziando un accordo di pace. .
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