Il presidente del Movimento 5 Stelle dopo i buoni risultati nel Mezzogiorno punta a crescere sopra Roma. Conquistando i consensi di piccoli imprenditori, artigiani e commercianti: «Non parliamo solo di Reddito di cittadinanza»

«Non siamo solo il partito del Sud e del reddito di cittadinanza, che dobbiamo difendere dal prossimo governo. Adesso dobbiamo crescere al Nord e lavorare pancia a terra per radicarci e ricostruire il Movimento anche in Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Toscana». Nelle ore e nei giorni immediatamente successivi all’esito elettorale, Giuseppe Conte riunisce più volte il suo staff per tracciare la linea, il percorso da seguire.

 

Il messaggio è semplice: non vuole rimanere schiacciato dalla definizione di capo del partito del Mezzogiorno, di «masaniello dei percettori di reddito di cittadinanza che preferiscono il divano al lavoro». Un messaggio che purtroppo ripete anche un pezzo del Pd a partire dal governatore campano Vincenzo De Luca semplificando questioni molto più complesse sul voto nelle regioni povere, tra le più povere d’Europa tra l‘altro.

 

Ma di certo c’è che l’ex presidente del Consiglio, dopo aver raccolto messe di voti proprio nelle regioni meridionali, anche se comunque in calo rispetto al trionfo di cinque anni fa, ha già chiara la strategia che il Movimento dovrà seguire da qui ai prossimi mesi: «Dobbiamo fare breccia nel mondo dei piccoli artigiani e dei commercianti, abbiamo praterie davanti a noi perché questo popolo è disorientato e senza riferimenti, tanto da aver votato Fratelli d’Italia al posto della Lega ma per mancanze di alternative», ragiona Conte con i suoi fedelissimi.

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La mappa del voto oggi vede un pezzo del Paese, dalla Campania in giù, colorato di giallo. Il Movimento, secondo i dati elaboratori da Youtrend per la società di lobbying Cattaneo Zanetto, è la lista più votata in tutti i collegi meridionali ad eccezione di Salerno. E nel fronte del centrosinistra è avanti al Pd anche nel basso Lazio e in Sardegna. Il Movimento ha attratto il voto dei disagiati, dei disoccupati e dei giovani. Ad esempio, il voto dei disoccupati è andato in maggioranza, con oltre il 15 per cento a testa, a Fratelli d’Italia e al Movimento: inutile dire in quali regioni si trovano le percentuali maggiori di senza lavoro.

 

Inoltre i 5 stelle hanno incassato molti voti nei grandi Comuni con più di 200 mila abitanti. A Palermo i candidati di Conte hanno vinto in due collegi con oltre 60 mila preferenze, di gran lunga il primo partito capace di battere tutta la coalizione di centrodestra messa insieme. A Napoli i volti dei 5 stelle hanno vinto in due collegi raccogliendo tra i 60 e gli 80 mila voti e doppiando le coalizioni di centrosinistra e centrodestra. Ma in generale il Movimento è andato bene nelle grandi città, soprattutto del Sud chiaramente: sono il primo partito a Bari, Taranto, Foggia, Lecce, appaiati quasi con Fratelli d’Italia a Reggio Calabria e a Caserta. Il partito del Sud sono loro, inutile giraci intorno.

 

Se altrove i 5 stelle sono crollati nei consensi rispetto a cinque anni fa, nel Mezzogiorno in fondo hanno tenuto botta mantenendo una media superiore al 20 per cento. Adesso l’obiettivo di Conte è far tornare il Movimento un partito nazionale. Sì, ma come? Con quali uomini? E, soprattutto, con quale messaggio?

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L’avvocato del popolo ha già in mente un piano, perché analizzando il voto del 25 settembre emergono grandi spazi per fare breccia in un Nord che non si fida più della Lega e che non ha mai votato così tanto Fratelli d’Italia. Per prima cosa Conte vuole fare a breve un tour nei grandi centri delle regioni del Nord per incontrare associazioni di categoria di artigiani, commercianti e piccole imprese. Insomma, non andrà a parlare con i volti che si vedono a Cernobbio, ma proverà a seguire in fondo la stessa linea di pensiero tenuta al Sud: «Nel Mezzogiorno il tessuto sociale è composto da anziani, giovani e disoccupati che vanno aiutati e lo abbiamo fatto con reddito di cittadinanza e bonus nel periodo della pandemia. Nel resto del Paese esiste una filiera di piccole attività in grande difficoltà alla quale occorre dare risposte come abbiamo già fatto con il superbonus: non dimentichiamoci che la regione che ha ricevuto più fondi da questa misura è stata il Veneto, e dobbiamo dirlo ogni giorno e comunicarlo in tutti i modi», ribadisce ai suoi in tutte le riunioni del dopo voto.

 

Il presidente del Movimento ha già una lista di punti del programma del Nord, chiamiamolo così: «Dobbiamo rilanciare alcune misure avviate da noi e passate quasi sotto silenzio come il fondo di salvaguardia per le imprese in crisi, le agevolazioni per la creazione di cooperative di lavoratori per salvare imprese che stanno chiudendo. Poi dobbiamo difendere alcuni bonus, come quello edilizio, e rilanciare bonus per la transizione energetica delle piccole aziende. Oltre, chiaramente, a scelte immediate per far fronte al caro bollette. Dobbiamo ripetere come un mantra queste misure ovunque, attraverso consiglieri comunali, consiglieri regionali e deputati».

 

Il presidente del Movimento vuole puntare su alcuni volti noti nelle regioni del Nord, come l’ex sindaca di Torino Chiara Appendino, ma anche su chi ha lavorato bene in Parlamento nella scorsa legislatura e non è stato ricandidato: dirigenti del partito che hanno costruito agende di lobbying interessanti, come l’ex senatore Steni Di Piazza, che per il Movimento ha tenuto i rapporti con il mondo del terzo settore e il sociale, anche dall’Emilia Romagna in su.

 

Il vero obiettivo di Conte, se andrà in porto la missione al Nord, è quello di diventare il primo partito nel campo del centrosinistra, con una particolare attenzione al sociale e alle piccole aziende. Sfruttando temi cari alla sinistra e a un pezzo del Partito democratico che certo non si riconosce, a esempio, in scelte come quella di puntare sull’ex dirigente del Fondo monetario internazionale Carlo Cottarelli nelle scorse Politiche e forse anche alle prossime regionali in Lombardia. Nel frattempo però, interrotta del tutto la linea di dialogo con Enrico Letta, continua a parlare con l’anima ex Ds nei democratici, dal ministro Andrea Orlando a Goffredo Bettini e Pierluigi Bersani. Chissà, magari da qui ai prossimi anni se il Pd deflagrerà potrebbero essere lui e il suo Movimento a diventare la grande casa del centrosinistra: senza parlare più dei progressisti e di progressismo, visto che non ha portato molto bene nel recente passato.

 

Fantapolitica? Forse, ma intanto se il Movimento crescerà anche sopra Roma, Conte diventerà il riferimento politico per un intero campo. E potrà provare a giocarsi nuovamente la partita per tornare a Palazzo Chigi.