Bilanci

2022: diritti in Stato d’assedio

di Simone Alliva   28 dicembre 2022

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L'anno trascorso ci ha regalato un’anteprima di quello che verrà: istanze anti-trans, diritto all’aborto ridotto e nessun dibattito su fine vita e cannabis

Era prevedibile. Dopo la vittoria di Fratelli d’Italia alle elezioni. Prevedibile, forse inevitabile. L’avanzata dei diritti civili in Italia si arresta, in attesa dei passi indietro che il governo progetta tramite disegni di legge e iniziative di governo. Protagonisti di seconda linea (e di seconda mano) ripescati dal passato si sono insediati nei ruoli chiave dello Stato: figure oblique che arrivano dal mondo del Family Day, anti-abortisti, fascisti di ritorno. Gli eletti hanno portato dentro il Parlamento alcune delle parole d’ordine dei gruppi anti-scelta, slogan che nascondono battaglie regressive e aggressive nei confronti delle persone Lgbt, delle donne, delle minoranze. La "difesa della famiglia", cioè la negazione dei diritti alle famiglie arcobaleno. La "libertà educativa", che non prevede un'educazione laica fondata sui principi della non-discriminazione e dell'uguaglianza. Il "gender fuori dalle scuole" cioè lo spauracchio che nasconde la battaglia contro la possibilità che a scuola si parli di omotransfobia, di discriminazione, di sesso, di sessualità, di stereotipi. La “vita nascente”, l’impossibilità delle donne di abortire.

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Si tratta di temi già presenti da tempo nel dibattito pubblico, che nel dibattito pubblico sono destinati a occupare sempre più spazio e sui quali la destra è già in qualche modo intervenuta nell’anno trascorso

Diritto all’aborto.
Si è discusso molto nel 2022 su come i presidenti di Fratelli d’Italia di diverse regioni italiane abbiano reso molto complicato l’accesso all’aborto. Le Marche, in particolare, sono state definite, in piena campagna elettorale, un «laboratorio» delle politiche di Fratelli d’Italia e lo specchio della politica nazionale sui diritti riproduttivi delle donne. L’opposizione all’aborto farmacologico e l’obiezione di coscienza tra i ginecologi (oltre il 70 per cento, più della media nazionale, che è del 64,6 per cento) ha portato le Marche ad essere tra le prime città italiane in cui più del 50 per cento delle IVG viene effettuato fuori dai confini provinciali: in cui cioè è molto alto il tasso di mobilità per mancanza di strutture sul territorio di riferimento.

In Piemonte, grazie a una delibera presentata dall’assessore regionale alle Politiche sociali, Maurizio Marrone, di Fratelli d’Italia, viene istituito il «Fondo vita nascente». per il 2022-2023, 460 mila euro di cui 400 mila serviranno per finanziare organizzazioni e associazioni che promuovono il «valore sociale della maternità» e la «tutela della vita nascente». Concretamente, prevede di finanziare progetti per dare un sostegno economico, comunque limitato, alle donne affinché non abortiscano. Per i movimenti femministi questa misura non ha come reale obiettivo quello di rimuovere gli ostacoli materiali alla «maternità per scelta”, ma di ostacolare l’interruzione volontaria di gravidanza consentendo alle organizzazioni antiabortiste di entrare attivamente negli ospedali e nei consultori pubblici.

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Il Governo Meloni ha sempre specificato di voler applicare «tutta la legge 194» e non solo una parte. Eppure, la propaganda battente e certe proposte di legge, rimandano alla campagna per la sua abrogazione del 1981: sugli edifici delle più grandi città vengono riproposte immagini del sangue che cola, dei feti abortiti ("Tu eri così a 11 settimane" si legge nei manifesti Pro-Vita) dietro le quali si profila, come ovvio, l'immagine della madre assassina. Le donne tornano, come sempre nella storia, sul banco degli imputati. Nel primo giorno di legislatura sono tre le proposte di legge contro l’aborto. La prima porta la firma del senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri, prevede il riconoscimento giuridico del feto attraverso la modifica dell’articolo 1 del Codice Civile, che nella nuova versione stabilirebbe che «ogni essere umano ha la capacità giuridica fin dal momento del concepimento» e non solo, come avviene ora, dalla nascita. La seconda, arrivata dal senatore della Lega Massimiliano Romeo, è invece incentrata sul garantire la presenza nei consultori di «personale medico e ostetrico anche obiettore di coscienza». Secondo il testo i consultori – che rappresentano solo una parte di ciò che si propone di riformare – andrebbero modificati per «assicurare la tutela della vita umana fin dal suo concepimento». Il terzo ddl, sempre depositato da Gasparri prevede di istituire la “giornata della vita nascente”, occasione che non toccherebbe direttamente la legge 194/78 ma che alimenterebbe la retorica cara alle associazioni anti-aborto.

Comunità arcobaleno
Dopo il naufragio del ddl Zan, ripresentato in maniera poco convinta nel 2022 dal Partito Democratico, la lotta per i diritti delle persone Lgbt esce da una porta secondaria lasciando in cabina di comando i protagonisti di un’epoca che pareva scomparsa mentre il Paese, là fuori, reclamava giustizia e diritti: Lorenzo Fontana, ex ministro della Famiglia (rigorosamente al singolare) sino al 2019, occupa la terza carica dello Stato. Un grande ritorno per il protagonista del Congresso di Verona nel 2019, definito da Human Rights Watch: «La più influente organizzazione americana esportatrice di odio”.

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Eugenia Roccella, portavoce del Family Day nel 2007, conquista il ministero per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità. Nel 2017 promise l’abolizione delle unioni civili («Per la sinistra, leggi come questa portano verso il progresso; per noi, vanno verso la fine dell’umano»). «La sinistra oggi privilegia le richieste delle associazioni Lgbt anche quando sono in netto contrasto con l'interesse delle donne» è stata la sua prima dichiarazione da ministra. E ancora: il rifiuto dell’esistenza delle famiglie arcobaleno in continuità con il suo predecessore Fontana: «Ogni bambino ha una mamma e un papà e questo non si può eliminare. Avere due papà non è una verità».

Nella società, per il tutto il 2022, fake-news, stereotipi di genere e pregiudizi si sono tradotti in una vera e propria conflittualità, fatta di discriminazioni e violenze. Un caso di omotransfobia ogni due giorni. Sono le persone trans a scontare la pena massima.

Gli episodi più noti dell’anno trascorso portano il nome di Cloe Bianco, professoressa demansionata per la propria identità di genere si è data fuoco dentro un camper. Prima l’addio sul web e poi il corpo carbonizzato trovato l’11 giugno in provincia di Belluno. Camilla, sex worker, è stata uccisa il 5 giugno, con due colpi di pistola di piccolo calibro sparati nella parte sinistra della testa. Sasha, ragazzo trans si è suicidato a 15 anni.
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E sono proprio le istanze anti-trans a crescere nel 2022 e a colpire quella parte della comunità arcobaleno meno difesa e spesso lasciata ai margini. L’anno trascorso ha dato alla luce una nuova battaglia che punta a cancellare nelle scuole la “carriera alias”. Uno strumento che esiste dal 2003, inquadrato come un profilo burocratico, alternativo e temporaneo. Un nome scelto sostituisce, ad esempio sul libretto elettronico, il nome anagrafico, quello scritto nei documenti ufficiali e dato alla nascita in base al sesso biologico. Si tratta di una misura per rendere effettivo il diritto allo studio delle persone trans, per cui la scuola e l’università sono spesso ambienti negativi, ostili, discriminatori e violenti. Il 6 dicembre l’associazione ProVita & Famiglia annuncia di aver diffidato 150 scuole che l’hanno adottata, intimandole di annullarla e chiedendo l’intervento del Ministro dell’istruzione, Valditara. Il 13 dicembre invece sono ricevute al MIUR le associazioni CitizenGo Italia e Non Si Tocca La Famiglia, per consegnare la petizione “Stop gender nelle scuole” e presentare le proposte «per la tutela e l'educazione dei bambini e dei ragazzi dalle propagande ideologiche». Accanto ai soliti “pericoli” (come lo “schwa”), anche la “carriera alias”.

Fine vita e cannabis nelle mani del Comitato dei Patrioti
Il 15 febbraio del 2022 la Corte Costituzionale ha giudicato inammissibile il referendum sul fine vita, chiesto con una raccolta firme organizzata dall’Associazione Luca Coscioni. In tutto erano state raccolte 1,2 milioni di firme. Decisione accolta come «Sacrosanta- dalla leader di Fratelli d’Italia- c’è ancora spazio nel nostro ordinamento per difendere il valore della vita».

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Eppure, la Corte sembrava aver dato una spinta al Parlamento, il testo di legge era stato approvato il 10 marzo alla Camera con giubilo da parte della maggioranza. Entusiasmo durato pochissimo, infatti arrivato nelle commissioni riunite Giustizia e Sanità di Palazzo Madama è stato messo da parte. Dissensi o polemiche non hanno portato a un accordo su come proseguire l’iter del provvedimento. Fino alla caduta del Governo. Non ci sarà spazio con Fratelli d’Italia. Un segnale lo ha dato la Presidente Meloni che il 6 dicembre ha approvato il decreto di nomina dei nuovi membri, che resteranno in carica per i prossimi quattro anni. Tra i nomi spicca quello di Giuseppe Casale, fondatore e direttore sanitario di Antea. Il medico che si rifiutò di staccare la spina dei macchinari che tennero in vita Piergiorgio Welby, co-presidente dell'associazione Coscioni affetto da distrofia muscolare che lottò per vedersi riconoscere il diritto all'eutanasia. E anche quello di Marcello Ricciuti, direttore di struttura complessa di cure palliative e hospice all'Azienda ospedaliera San Carlo di Potenza, convinto che «l’esistenza di un’opzione legale per una via rapida che porti alla morte implica una scarsa considerazione del valore della persona che sta morendo e del viaggio che sta conducendo».

A presiedere il comitato è il professor Angelo Luigi Vescovi, docente di biologia cellulare alla Bicocca di Milano, ma anche direttore scientifico della Banca cellule staminali cerebrali umane dell'ospedale milanese di Niguarda, della Casa Sollievo Sofferenza di San Giovanni Rotondo, un istituto fondato da padre Pio, e dell'Istituto genetica umana Mendel di Roma. A capo del comitato per il no alla droga legale, sorto in opposizione al referendum promosso dall'associazione Luca Coscioni ma bocciato dalla Corte costituzionale.