Inchiesta

Pandora Papers, ecco i nomi dei vip italiani con i soldi offshore

di Paolo Biondani, Vittorio Malagutti e Leo Sisti   8 ottobre 2021

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Calciatori e top model, tecnici e procuratori. Fortune al sicuro dalle Isole Vergini agli Usa. I primi nomi dei nostri connazionali con i soldi all’estero: da Roberto Mancini a Monica Bellucci, da Mino Raiola a Carlo Ancelotti e Walter Zenga

Ricchi e famosi in trasferta ai Caraibi. I Pandora Papers confermano che anche i grandi nomi del calcio e le star dello spettacolo non resistono al fascino del rifugio offshore. L’allenatore della Nazionale, Roberto Mancini e il suo ex compagno di squadra Gianluca Vialli, l’attrice Monica Bellucci e il famoso procuratore sportivo Mino Raiola, protagonista del calciomercato internazionale. Sono solo alcuni tra i primi nomi italiani, quelli più famosi nel mondo, che emergono dall’inchiesta giornalistica internazionale del consorzio Icij, a cui L’Espresso partecipa in esclusiva per l’Italia. Ecco le loro storie, tutte con lo stesso finale: ricchezze e guadagni finiscono sotto l’ombrello di società nei paradisi fiscali, che garantiscono segretezza assoluta sull’identità dell’effettivo proprietario dei beni.

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LO SCUDO FISCALE DI MANCINI
Un eroe del calcio. Un aereo intestato a una offshore. E uno scudo fiscale. L’eroe è Roberto Mancini, da Jesi, artefice nel luglio scorso della vittoria della Nazionale al campionato europeo. L’aereo è un Piaggio, di proprietà di Bastian Asset Holdings, una società delle British Virgin Islands (BVI) controllata da Mancini a partire da dicembre del 2008. Con lo scudo fiscale, invece, l’allenatore azzurro ha potuto far rientrare in Italia il suo patrimonio detenuto all’estero, alle BVI.

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La storia, ricostruita da L’Espresso con i documenti dei Pandora Papers, comincia ad aprile del 2008, quando viene costituita la Bastian con sede ai Caraibi. Il mese dopo Mancini perde il posto da allenatore dell’Inter, incassa una buonuscita di 8 milioni di euro, ma resta disoccupato fino al dicembre del 2009 quando viene ingaggiato dal Manchester City. Intanto, esattamente un anno prima, a dicembre del 2008, Mancini era già diventato l’azionista unico di Bastian, la società offshore a cui era intestato un aereo Piaggio P180 Avanti acquistato per 7 milioni di dollari a novembre dello stesso anno.


Il 13 gennaio 2009 Bastian fa il pieno di capitali grazie a un prestito di 5,5 milioni di dollari erogato da SG Equipment Finance Schweiz AG, una società con sede a Zurigo. Come garanzia, la finanziaria svizzera si prende in pegno sia il velivolo che le azioni della Bastian.


A novembre del 2009, però, la situazione cambia ancora: Mancini torna nel pieno possesso delle azioni date in pegno e il mese successivo, mentre sta per iniziare la sua nuova avventura a Manchester, scrive alla Fidor-Fiduciaria Orefici di Milano per annunciare che «intende avvalersi delle opportunità offerte dalla recente normativa italiana sulla emersione delle attività detenute all’estero».

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La scelta di tempo non è casuale. La legge sullo scudo fiscale, promossa dall’allora ministro Giulio Tremonti, si stava avviando a scadenza. E quindi bisognava affrettarsi, per sfruttare i vantaggi offerti dalla sanatoria che garantiva la non punibilità dei reati tributari con il versamento di una quota forfettaria pari al 5 per cento del valore dei beni detenuto all’estero. Non sappiamo se Mancini abbia effettivamente aderito allo scudo fiscale, come preannunciato nella sua lettera. Per conoscere la sua versione dei fatti, L’Espresso ha inviato una mail a Silvia Fortini, moglie e legale di fiducia dell’allenatore della Nazionale. La nostra richiesta, però, è rimasta senza risposta.
Dai documenti dei Pandora Papers si scopre che l’avvocata Fortini si è occupata anche dell’aereo intestato alla società caraibica, ceduto nell’ottobre del 2011. Nel bilancio di quell’anno si legge che il Piaggio P180 era l’unico asset della società, che quindi «sarà liquidata».


VIALLI IL BRITANNICO
Alle British Virgin Islands è approdato anche un altro calciatore da sempre legato a Mancini, suo compagno di squadra 30 anni fa nella Sampdoria dello scudetto. Dai Pandora Papers emerge infatti anche il nome di Gianluca Vialli, l’ex attaccante che ha accompagnato come capo delegazione la Nazionale azzurra agli Europei di luglio. Secondo quanto risulta dai documenti, a Vialli fa capo la società offshore Crewborne Holdings Limited, costituita nel 1998, mentre la Belvedere Investments Limited agisce come nominee (fiduciaria) per conto del Gianluca Vialli Family Trust.


Non sembrano girare cifre da favola intorno a questa offshore, che nelle carte indica come «personal» la fonte dei fondi. Tra il 2008 e il 2013 i diritti di immagine di Vialli risultano trasferiti alla Crewborne Holdings, ma nei documenti non si fa menzione di come siano stati sfruttati. In compenso, emerge una vorticosa movimentazione di denaro sotto forma di prestiti, che aumentano dai 319 mila euro del 2009 fino ai 4,1 milioni nel 2012. Sono prestiti senza interessi e pagabili a vista. Da dove arrivano questi soldi? Il creditore è la Belvedere Investments, che, come detto, agisce fiduciariamente, per conto del Gianluca Vialli Family Trust.

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Pandora Papers, Gianluca Vialli ex calciatore e ct. Società alle Isole Vergini Britanniche
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La maggior parte dei fondi prestati da Belvedere serve a finanziare la società portoghese Fish Eagle Trading e Servicos, costituita nel paradiso fiscale di Madeira.
Una quota di molto inferiore viene invece girata a Claudio Giacopazzi, amico di lunga data di Vialli. Nel suo profilo Linkedin, Giacopazzi si definisce «senior advisor» di Fish Eagle, specializzata in produzione e distribuzione di materiali digitali nell’industria dell’entertainment. Lo stesso Giacopazzi aggiunge anche di essere stato, da giugno 2011 a giugno 2014, il general manager di Geniaware srl, una software house di Reggio Emilia che ha sviluppato il videogioco “Lords of football”, per cui Vialli ha fatto da consulente.


Dai bilanci della Crewborne si scopre che la società delle BVI ha anche investito nel fondo chiuso BC European Capital VIII, gestito dalla BC Partners di Londra. Sarà una coincidenza, ma proprio BC Partners nel gennaio scorso sarebbe stata interessata, secondo rumors raccolti dal Sole 24 Ore, a comperare una quota dell’Inter dai cinesi di Suning, alleandosi con Vialli e con Fausto Zanetton, ex banchiere di Goldman Sachs e Morgan Stanley. Zanetton insieme all’ex calciatore ha fondato Tifosy, una piattaforma londinese di crowdfunding, che consente ai fan di investire in club sportivi.
L’Espresso ha contattato Gianluca Vialli per chiedergli della Crewborne, liquidata nel 2017, e degli altri suoi investimenti. L’ex calciatore, via sms, ci ha informato di essere un cittadino britannico, aggiungendo solo che i suoi business investments, sono «registrati e gestiti» rispettando le norme fiscali.

E ANCELOTTI PAGA
Il primo giugno Carlo Ancelotti è tornato sulla panchina del Real Madrid, che aveva già allenato tra il 2013 e il 2015. Tempo 48 ore e l’Agencia Tributaria, l’agenzia delle entrate spagnola, gli ha sequestrato un milione e 420 mila euro. L’accusa: aver omesso di dichiarare al fisco una parte dei compensi ricevuti in Spagna nel 2014 e nel 2015. Le indagini della Fiscalia, cioè la Procura di Madrid, sono riassunte in un comunicato del giugno 2020, nel quale si spiega che con un contratto del primo luglio 2013 Ancelotti aveva solo «apparentemente» trasferito per 10 anni i suoi diritti d’immagine alla società Vapia Limited delle British Virgin Islands, incassando 25 milioni di euro. I termini di quel contratto sono cambiati più volte e già il 4 di luglio del 2013 è entrata in scena una seconda società: non più Vapia Limited, ma Vapia LLP, una sorta di srl.

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I documenti dei Pandora Papers, che si aggiungono alle carte depositate al registro societario inglese, illuminano la storia di questa triangolazione finanziaria che si sviluppa tra Madrid, Londra e i Caraibi. Vapia LLP, fondata il 4 ottobre 2013, appena tre mesi dopo l’arrivo di Ancelotti a Madrid, ha infatti sede nella capitale britannica, mentre l’omonima Vapia Limited è stata costituita alle BVI e ha come beneficiario l’allenatore italiano.


Fino al 2020, Vapia LLP viene qualificata negli atti come «dormant company», inattiva. Vapia Limited, invece, quella dei Caraibi, compare come «designated member» della sua omonima società inglese. Una funzione che le conferisce poteri importanti, tra cui nominare il revisore dei conti.

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Pandora Papers, Carlo Ancelotti allenatore. Società ai Caraibi e guai con il fisco spagnolo
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L’Espresso ha potuto consultare anche il modulo degli azionisti della Vapia delle BVI. A pagina quattro, si leggono i nomi della Sonymore Limited e della Appledore Consulting Limited, i due schermi societari che detengono fiduciariamente, per conto di Ancelotti, il capitale della offshore. L’Information Form segnala anche che la società caraibica ha acquistato diritti d’immagine per un valore di 25 milioni di euro. Questa è proprio la cifra che sarebbe stata versata ad Ancelotti quando ha venduto, secondo l’accusa solo «apparentemente», i suoi diritti d’immagine. Nella ricostruzione della Fiscalia, «il Real Madrid ha effettuato ritenute fiscali, nel 2014 e nel 2015, per importi rispettivamente di 251.212 e 621.789 euro, mentre Magnolia Tv España lo ha fatto per 17.325 euro». Esclusi questi importi, per la Procura, né Ancelotti, «né nessuna delle società che apparentemente detengono i diritti di sfruttamento d’immagine, hanno dichiarato o versato tasse in qualsiasi parte del mondo». Queste accuse, riprese dai media spagnoli, hanno prodotto un primo risultato: il 22 dicembre 2020 la Vapia LLP si è cancellata dai registri societari. Anche Ancelotti ha reagito: il 23 luglio scorso l’allenatore ha ammesso di fronte ai giudici di aver aggirato le imposte, ma solo parzialmente: nega di aver evaso le tasse anche nel 2015, perché a maggio di quell’anno aveva già lasciato la Spagna, licenziato dal Real Madrid. L’Espresso e il quotidiano spagnolo El Pais hanno inviato domande dettagliate ad Ancelotti, che tramite il suo legale ha risposto per email: «Non faremo dichiarazioni».

LA RAGNATELA DI ZENGA
Lo chiamavano l’uomo ragno. Proprio come il titolo del suo libro, appena uscito. Walter Zenga tra il 1986 e il 1994 ha difeso la porta dell’Inter e della Nazionale. Poi, da allenatore, ha cominciato una nuova vita in giro per il mondo, Italia, Stati Uniti, Turchia, Serbia, Romania, sempre inseguito da un’ossessione: «Soldi, maledetti soldi», come ha ammesso lo stesso Zenga in una recente intervista al Corriere della Sera. E intanto, di viaggio in viaggio, l’uomo ragno ha costruito la sua ragnatela finanziaria, ora svelata dai Pandora Papers.

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A Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, dove l’ex calciatore ha infine fissato la sua residenza, ha sede il Rawasawa Trust, a cui Zenga, in qualità di settlor, cioè fondatore, ha trasferito la proprietà dei suoi beni perché vengano gestiti da un fiduciario (trustee). Beneficiari del trust insieme all’ex portiere sono la moglie Raluca Rebedea e i due figli più piccoli. A curare tutte le pratiche per il cliente italiano è stato invece l’Asiaciti Trust di Singapore, una delle maggiori fabbriche mondiali di offshore.

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Pandora Papers, Walter Zenga allenatore ed ex calciatore. Una ragnatela finanziaria nei paradisi fiscali
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L’Espresso ha inviato all’ex campione alcune domande sulle ragioni che lo hanno convinto a ricorrere a un trust. «Sono questioni che attengono alla sfera privata, personale e familiare di Walter Zenga, che in ogni caso ha sempre agito nel pieno rispetto delle normative rilevanti per ciascuna giurisdizione», questa la risposta del suo legale. Che è l’avvocato Pier Filippo Capello, figlio dell’ex calciatore e grande allenatore Fabio.

GALASSIA RAIOLA
Gigio Donnarumma, Paul Pogba, Marco Verratti e poi la nuova stella del Borussia Dortmund, Erling Haaland, giusto per citare i nomi più famosi. I tifosi conoscono bene la scuderia di fuoriclasse di Carmine “Mino” Raiola, intermediario tra i più potenti del calciomercato internazionale, crocevia di affari milionari. Molto meno nota, invece, è la ragnatela societaria che Raiola ha allestito per gestire i suoi interessi. Una rete che va da Londra a Montecarlo, il paradiso esentasse dove il famoso procuratore sportivo risiede da tempo. Adesso però i Pandora Papers rivelano che questo network si estende anche oltre Atlantico.


Nel centro offshore delle British Virgin Islands sono infatti registrate due società che hanno come unico beneficiario proprio Raiola. Si chiamano Gama Advisery e Gladiator Overseas. I documenti consultati da L’Espresso rivelano che il 6 aprile del 2017 la prima è passata sotto il controllo del procuratore italiano, origini campane ma cresciuto da immigrato con la famiglia in Olanda. Della seconda, Raiola è anche amministratore.


Negli anni scorsi, in occasione di alcune importanti operazioni di calciomercato, il nome di Mino Raiola era già stato associato ad altre sigle estere, come Topscore Sports e Isports Worldwide, entrambe con sede a Londra, oppure Uniqq e Sportman di Montecarlo. Non è chiaro, invece, quali siano i rapporti tra i due schermi offshore delle British Virgin Islands e l’attività di Raiola. L’Espresso lo ha chiesto al diretto interessato, che però non ha riposto.


AVANTI SAVOIA, A PANAMA
Tra i vip italiani che si sono avventurati nel pianeta offshore c’è anche la principessa Maria Gabriella di Savoia. La figlia dell’ultimo Re d’Italia, Umberto II, è registrata come azionista della Toga Finance, una società di Panama a tassazione zero costituita nel 2008, rimasta attiva per 12 anni e messa in liquidazione nel 2020. A gestirla erano i fiduciari svizzeri della Fidinam, riservatissima società di consulenze legali e fiscali fondata da avvocati ed ex magistrati. Che per creare quella offshore si sono rivolti allo studio Alcogal di Panama.

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Pandora Papers, Maria Gabriella di Savoia. Società offshore per la figlia di Umberto II
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Contattata dall’Espresso, la principessa di Savoia ha risposto dalla sua residenza svizzera. Tranquilla, cordiale, ha chiacchierato di giornalismo («Conoscevo Montanelli»), ma della società panamense non ha parlato, spiegando: «Guardi, io non so niente di questioni fiscali. Non sono in grado di rispondere, in quanto non ho alcuna conoscenza in materia di finanza e investimenti». Una dichiarazione, poi riconfermata per email, che non chiarisce se quella offshore sia stata dichiarata alle autorità elvetiche o italiane, e quali beni o attività abbia gestito.


Maria Gabriella di Savoia vive da anni in Svizzera e con ogni probabilità non deve nulla al fisco di Roma. La famiglia Savoia fu bandita dall’Italia nel 1948, dopo la caduta del fascismo e la fine della monarchia: l’esilio è finito grazie a un’apposita riforma costituzionale del 2002. Cambiare la Costituzione, però, non è bastato a riportare in Italia le tasse.

BELLUCCI DI FRANCIA
Anche Monica Bellucci è registrata nelle carte dei Pandora Papers con nome, data di nascita, numero di passaporto e cittadinanza: «italiana». I fiduciari di Panama la schedano come beneficiaria di una offshore delle BVI, la Kloraine Limited. E scrivono, nella corrispondenza interna, che «la società serve a gestire, come licenziataria, i diritti d’immagine dell’attrice Monica Bellucci». La offshore ha operato dal 2011 al 2015. Nelle carte si parla anche di un trust familiare, non identificato, che però non rientra nelle attività offshore. L’unica operazione registrata è quella compiuta nello stesso paradiso fiscale: il riscatto delle quote di un fondo d’investimento nelle Isole Vergini, per una somma imprecisata. Dopo il 2015 la società sparisce: probabilmente è stata chiusa e cancellata.

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Pandora Papers, Monica Bellucci attrice. Società offshore per i diritti d’immagine
8/10/2021

L’attrice italiana ha risposto, già in settembre, alle domande dell’Espresso, chiarendo: «Sono fiscalmente residente in Francia da numerosi anni ed in regola con i miei obblighi tributari, tanto in Francia quanto all’estero. Atteso che la mia attività professionale mi consente di poter lavorare in tanti altri Paesi, i redditi che percepisco sono oggetto di una tassazione locale e di una tassazione in Francia, in conformità con le leggi e convenzioni vigenti fra questi Stati e senza nessuna interposizione di società di comodo offshore».


Con queste parole, Monica Bellucci non smentisce di aver posseduto in passato una offshore. E non precisa come si sia conclusa un’indagine del fisco francese che riguardava anche un conto bancario trasmesso dalle autorità svizzere. La sua risposta fa però capire che l’attrice ha da tempo regolarizzato la sua posizione pagando tutte le tasse dovute. E ha liquidato la sua società estera diversi mesi prima che l’inchiesta Panama Papers, nel 2016, creasse il primo effetto-scandalo sulle offshore.

TOP MODEL ESENTASSE
Ben più ampia e complessa è l’architettura societaria che protegge le ricchezze di altre bellezze di fama mondiale, come Claudia Schiffer, registrata dai suoi fiduciari con il cognome della madre. La super modella tedesca controlla almeno sei offshore delle Isole Vergini Britanniche, con denominazioni fantasiose: 51 Red Balloons, Brewer Finance, Crimson Rosella, Pirilambo Limited, Tdu Holdings, Roxy International. Le società incassano i compensi delle pubblicità. E nelle Isole Vergini non esistono tasse sugli utili distribuiti ai soci.

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Pandora Papers, Alessandra Ambrosio top model. Società offshore per sfilate esentasse
8/10/2021

I Pandora Papers indicano «Claudia Maria De Vere Drummond», alias Schiffer, anche come fondatrice e beneficiaria del Roxy Trust. Un fondo offshore cointestato ai figli, alle sorelle e all’attuale consorte, il regista inglese Matthew Vaughn.

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I suoi avvocati hanno risposto ai cronisti del quotidiano tedesco Suddeutsche Zeitung che «la signora Schiffer è in regola con le leggi fiscali del Regno Unito, dove vive con il marito, e non è mai stata accusata di alcuna evasione e elusione delle tasse».


Un’altra modella famosa sedotta dalle offshore è l’italo-brasiliana Alessandra Ambrosio, beneficiaria di una offshore delle BVI, la Brava Assets Management, costituita nel 2008 e attiva almeno fino al 2018. Nel 2011, la proprietà è stata schermata: da allora la offshore è intestata a un anonimo trust del Delaware, un paradiso fiscale interno agli Stati Uniti. Ad accompagnare la modella sulle passerelle esentasse è stata la filiale americana della banca svizzera Ubs, che si è rivolta allo studio Trident delle BVI.
La stampa economica ha inserito per diversi anni Alessandra Ambrosio nel club delle dieci modelle più pagate del mondo, attribuendole una fortuna personale di almeno 60 milioni. L’Espresso l’ha contattata attraverso le agenzie che la rappresentano in Italia, a New York e in Brasile. Prima domanda: ha dichiarato al fisco brasiliano, italiano o americano i guadagni della offshore e le ricchezze custodite nel trust? Dalla signora Ambrosio, nessuna risposta.